Che il radio-telecronista di calcio debba coniare neologismi per essere originale è risaputo. Basti pensare al mitico Sandro Ciotti che cominciava il secondo tempo dicendo...
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Col passare degli anni sono arrivati “sciabolata” e “numero” di Sandro Piccinini. Poi ancora “prendere il tè caldo” all’intervallo o “l’arbitro manda tutti sotto la doccia” di Fabio Caressa, nonché “rete! rete! rete!” e “game over” di Maurizio Compagnoni.
Oggi ascoltare una telecronaca di calcio significa sentire un abuso di termini contagiosi, che hanno contaminato telecronisti e commentatori. Tipo prova “l’imbucata” (ma che sta dentro un tunnel?), tenta la “sterzata” (come se il calciatore stesse correndo un rally), si muove “in mezzo al traffico” (c’è l’ingorgo all’ora di punta?).
Parole buttate di getto per dire che si cerca un passaggio smarcante oppure che si tenta di dribblare gli avversari, o ancora che l’attaccante ha davanti a sé una selva di gambe.
Un altro neologismo che spopola, in voga più che mai, è la parola “scarico”, usata per raccontare un passaggio. In pratica chi si libera del pallone lo scarica. Manco fosse un bisogno fisiologico nel water. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero