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Disagio: è questa la parola dell’estate. Sussurrata, gridata, patita, ovunque. È la scoperta amara di un tradimento, di una promessa mancata e pagata a caro prezzo. Non è la prima volta che accade, ma quest’anno il disagio è orizzontale e verticale insieme. Riguarda tutto quello che accade sotto la calura di Caronte o la grandine assassina al Nord.
Disagio: per i treni che non partono e non arrivano, per i taxi che sono fantasmi inafferrabili, per i bus a singhiozzo e le Metro che per i guasti trasformano le linee veloci in agonie senza tempo. Disagio: è tempo svuotato di senso e perduto senza ragione oltreché sudato amaramente, macchina infernale che si trasforma in tanti piccoli e meno piccoli drammi personali. Un’inevitabile concatenazione di eventi che si allacciano e si intrecciano e mutano una giornata normale, magari di vacanza, o anche solo con il miraggio di una pausa di riposo, in un incubo, in una catastrofe personale.
Responsabili ultimi del Disagio sono i guasti nelle strutture, gli errori umani, il caso, la crudele stagionalità con i suoi picchi maligni. A monte ci sono i veri colpevoli perché i guasti non sono sempre inevitabili e imprevedibili, Ci vuole spesso dell’impegno per compierli. La mala educazione sul dovere, e su tutto l’imprevidenza facilona. Per fortuna di tutti ai Disagi c’è un rimedio universale che li tampona, li anestetizza: gli Enti Responsabili adottano un farmaco infallibile: “Scusate per il disagio, Il servizio riprenderà al più presto possibile”. E il Disagio è di nuovo attivo. Però, scusate tanto.
graldi@hotmail.com
Il Messaggero