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Dal tumultuoso panorama della pandemia emergono i primi segnali di uno scollamento strutturale sul fronte degli ospedali. E in particolare ai Pronto Soccorso, punto di arrivo e filtro di tutte le urgenze. In alcuni nosocomi della Capitale i meccanismi di intercettazione, controllo e smistamento dei malati, sono letteralmente saltati. Come una pentola a pressione che scatena sulla valvola la forza del vapore. Così, segnalano cronache puntuali su queste colonne, si sono moltiplicati i casi in cui medici e infermieri, imprigionati nel flusso incessante degli arrivi, sono stati costretti a visitare sulle ambulanze. Auto di servizio e personale specializzato costretti a lunghissime soste di forzata inattività. Un dato su tutti: su 150 mezzi attrezzati ben 42 in attesa di essere “liberati” dai pazienti.
I reparti di accoglienza, in realtà, sono al collasso, la ricettività dei soggetti colpiti dal Covid-19 è pienamente attiva solo su alcune, (poche) strutture (Policlinico Umberto I e Policlinico Gemelli-Columbus in particolare) mentre su altri fronti i controlli dei carabinieri del Nas colgono inadempienze anche assai gravi. Il tema è questo: poiché la situazione sembra evolvere verso un aggravamento, quali interventi saranno presi per scongiurare il caos? Il disincanto erode la speranza di soluzioni: ci sono volute settimane per capire che le code ai drive-in potevano essere alleggerite da sistemi di prenotazione on line, come utilizzare le ambulanze senza trasformarle in dependance dei pronto soccorso. Il virus è piccolo e cattivo, e non fa sconti e corre veloce.
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