Elezioni, perché lo spread non sale malgrado l’incertezza del risultato sia altissima

Elezioni, perché lo spread non sale malgrado l’incertezza del risultato sia altissima
Il risultato elettorale è quanto mai incerto. Populisti ed anti-europeisti, messi insieme, risulteranno di gran lunga il primo partito. Sarà difficilissimo comporre...

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Il risultato elettorale è quanto mai incerto. Populisti ed anti-europeisti, messi insieme, risulteranno di gran lunga il primo partito. Sarà difficilissimo comporre una maggioranza e quindi metter su un governo. C’è chi non esclude un ritorno al voto a breve, ma le borse vanno bene e lo spread non sale. Sembra quasi che i mercati abbiano già scontato il rischio di una perdurante debolezza del nostro Paese e se ne siano fatti una ragione da tempo. Ovviamente se così fosse il dato non sarebbe comunque positivo per l’Italia perché spiegherebbe anche la carenza di investimenti con capitale estero, la fuga dei giovani cervelli e di coloro che avevano tempo addietro investito in Italia.


Il trasferimento in Slovenia della produzione della Embraco è forse frutto anche di questa incertezza politica “assorbita” ormai da tempo da investitori e fondi di private equity nei parametri del “rischio Italia”, insieme alla burocrazia e ai tempi delle giustizia.

Un Paese considerato “strutturalmente” debole non fa paura perché - malgrado il suo pesante debito pubblico - pesa molto meno e genera minori effetti sulle economie circostanti. Anzi, proprio perché è debole, e lo si coglie in mezzo ad un eterno guado, si possono fare operazioni come quella della Embraco - quest’ultima poco preoccupata dalle iniziative del governo - e si può decidere di mettere l’Agenzia del farmaco in un Paese, l’Olanda, che non ha i requisiti. O si può scegliere, come hanno fatto Parigi e Berlino, di nominare lo spagnolo Luis De Guindos alla vicepresidenza della Bce. Nominare un politico e non un tecnico, pensando di accontentare in questo modo l’area mediterranea dell’eurogruppo, significa per qualcuno prepararsi a subire un’altra e più pesante nomina: quella del tedesco Weidmann alla guida delle Bce in vista della fine del mandato di Mario Draghi. 


Lo spread non sale, ma il peso dell’Italia rischia di scendere ed è forse anche questo che spingerà il Quirinale, dopo il 4 marzo, a stringere comunque i tempi per trovare un’intesa tra le forze politiche. Andare nuovamente al voto non converrà a nessuno degli attuali leader, tranne forse alla Lega di Salvini, ma trovare un’intesa che permetta la nascita di un governo in grado di governare, di fare le riforme e non solo di tirare a campare, non sarà facile. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero