Roma, al Bambino Gesù il primo trapianto di "microbiota": nuova terapia contro le malattie dell'intestino

Roma, al Bambino Gesù il primo trapianto di "microbiota": nuova terapia contro le malattie dell'intestino
Per la prima volta è stato effettuato un trapianto del "microbiota intestinale" in un bambino, intervento che coinvolge il complesso di...

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Per la prima volta è stato effettuato un trapianto del "microbiota intestinale" in un bambino, intervento che coinvolge il complesso di microorganismi simbiontici che convivono con l'organismo umano (meglio noto col termine informale di "flora intestinale"). Un primato tutto dell'oespedale pediatrico Bambino Gesù. La notizia è stata data proprio in occasione del primo convegno nazionale in campo pediatrico dedicato al microbiota e alle sue applicazioni sul fronte diagnostico e clinico, promosso dal Bambino Gesù nella sede di Roma - San Paolo. Come rende noto lo staff dell'ospedale capitolino: «Sei trapianti di microbiota intestinale su pazienti pediatrici. È la prima volta che vengono realizzati in Italia, grazie al protocollo clinico messo a punto dai medici dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Il trapianto è stato usato come terapia sperimentale in pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn), malattia del trapianto contro l'ospite (GVHD) - nella sua forma acuta e con interessamento dell'intestino - e in un paziente affetto da sindrome da attivazione macrofagica di origine genetica, una rara patologia del sistema immunitario, derivante da un disordine delle funzioni immunoregolatorie».


Come spiega Lorenza Putignani, responsabile dell'Unità Operativa Semplice di Parassitologia e dell'Unità di Ricerca sul Microbioma Umano del Bambino Gesù: «Si tratta di un grande passo avanti sul piano della ricerca traslazionale e dell'applicazione clinica in campo pediatrico, ma allo stesso tempo bisogna essere prudenti e attendere ancora per valutare compiutamente l'efficacia di questi trapianti nella fase di follow up di ogni specifica patologia. La cosa importante - aggiunge Putignani - è aver codificato un protocollo per definire il percorso assistenziale e valutare con rigore gli aspetti etici oltre che clinici e laboratoristici».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero