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Costretti a casa con mamme (esaurite) in smart working o nonni magari non ancora vaccinati, esce il sole, comincia la primavera e cosa c’è di più invitante che passare una mattinata al parco visto che anche nelle zone rosse le aree verdi sono rimaste aperte? Sacrosanto. Se non fosse che, con la chiusura di nidi e materne, i parchi giochi di Roma si sono trasformati in una nursery: orde di bimbi scalmanati che saltellano sugli scivoli e giocano a rincorrersi, senza mascherina (perché sotto i 6 anni non è obbligatoria) e alla faccia del rischio contagi. Dal parchetto di viale Tiziano, al Flaminio, a Villa Borghese e Villa Glori la situazione non cambia: picnic all’aperto, partite di calcetto improvvisate, gite in bicicletta.
E se all’aperto, è vero, la possibilità di contagio scende vertiginosamente il pericolo assembramento è davvero dietro l’angolo. E allora ci si chiede: ma che senso ha chiudere le scuole - specie quelle dei bimbi più piccoli -con tutta la fatica che comporta per le famiglie se poi inevitabilmente si vengono a creare situazioni del genere? Non sarebbe stato più sicuro tenere i bimbi nelle loro “bolle” igienizzate con la maggior parte delle educatrici ormai vaccinate e nel pieno rispetto delle regole?
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