Zerocalcare, il successo di un romano in tv e i milanesi che si infastidiscono

I linguisti hanno sempre spiegato che Roma - per ragioni storiche su cui qui non ci soffermeremo - non ha un suo dialetto. A Napoli si parla il dialetto napoletano, a Torino il...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

I linguisti hanno sempre spiegato che Roma - per ragioni storiche su cui qui non ci soffermeremo - non ha un suo dialetto. A Napoli si parla il dialetto napoletano, a Torino il torinese, mentre il dialetto romano non esiste: esiste il romanesco, che è una versione alterata, plebea dell'italiano. Se un siciliano o un veneto parlano nel loro dialetto vengono capiti solo dai conterranei, se un romano parla nel suo idioma locale è decifrabile in tutta Italia. Così ci spiega la linguistica, eppure in questi giorni sui social imperversa il dibattito sulla serie televisiva d'animazione di Zerocalcare che, parlando con forte accento romano, è per questo rimproverato di essere incomprensibile “fuori dal Raccordo anulare” (vecchia iperbole che forse andrebbe aggiornata, vista la rilevante quota di popolazione romana che ormai vive oltre il GRA).

 

 

Niente di nuovo, già negli anni Sessanta il centralino della Rai riceveva furiose telefonate di protesta dai telespettatori settentrionali quando andava in onda il teatro di Eduardo: “Non si capisce!”. Curiosa lamentela se si pensa che i De Filippo hanno sempre portato le loro messe in scena davanti alle platee del Nord, e con grande successo. Ma oggi queste rimostranze - come in diversi hanno notato - risultano ancora più strane se si pensa che ormai il pubblico si è abituato a divorare film e serie tv in coreano con i sottotitoli.

 

 

E invece c'è chi sente il bisogno di farsi tradurre «se beccamo» (“ci incontriamo”), chi sostiene che la caratteristica del romano sia«strascicare le parole» (dimenticando, tanto per fare un esempio, un geniale strascicatore milanese come Enzo Jannacci), e chi ritira fuori il luogo comune della presunta egemonia culturale romana. Alla fine viene il sospetto che dietro alla voglia di polemizzare ci sia quel sentimento che a Roma si chiama “andarci in puzza” (sottotitolo per i milanesi: “aversene a male”), insomma un po' di invidia: un’invenzione stilistica e linguistica del tutto inedita per la tradizione italiana sta avendo successo, e questa invenzione è romana.

 

 

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero