Violenza sulle donne, nel Lazio 180 chiamate al mese per denunciare gli abusi: è emergenza

I numeri del centralino del 112: da marzo a novembre le telefonate sono state 1.636

Violenza sulle donne, nel Lazio 180 chiamate al mese per denunciare gli abusi: è emergenza
Donne vittime di violenza, aggressioni o minacce: 1.636 chiamate di aiuto al numero unico emergenze (112) dal primo marzo al 30 novembre. Che vuol dire una media di 180 telefonate...

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Donne vittime di violenza, aggressioni o minacce: 1.636 chiamate di aiuto al numero unico emergenze (112) dal primo marzo al 30 novembre. Che vuol dire una media di 180 telefonate al mese, sei ogni giorno principalmente da Roma ma anche dalle altre province del Lazio. Sono questi alcuni dei dati elaborati dalla sala operativa del 112 sulle richieste di aiuto per codice rosso, ovvero da donne vittime di violenza. E fra i numeri, di certo ce ne è uno preoccupante: quasi il 19 per cento delle telefonate totali sono replicate. Si tratta in sostanza di donne che hanno già chiamato almeno una volta il 112 perché aggredite, picchiate o minacciate. Nel 38,7 per cento dei casi, le richieste d’aiuto sono arrivate di notte - fra le 21 e le 7 del mattino - mentre nel 37,5 per cento dei casi in orario pomeridiano (14/21). L’85,3 per cento ha chiamato dalla zona urbana e il 65,7 per cento da un’abitazione. E questo significa che la maggior parte delle violenze, le aggressioni avvengono in ambiente domestico dove spesso ci sono anche figli minori che se non sono vittime anche loro, di certo ne sono testimoni oculari. In sette casi su dieci la vittima riesce a chiamare e chiedere aiuto mentre il suo aggressore è con lei. Spesso - e le chiamate raccolte dal 112 lo dimostrano - riesce a chiudersi a chiave in una stanza o in un bagno con un cellulare e chiama. 

CHIAMA CHI SUBISCE

Nella stragrande maggioranza dei casi è la vittima stessa a chiedere aiuto e non una terza persona, come un figlio o un vicino, che assiste o percepisce che nell’altro appartamento stia accadendo qualcosa di grave. Nel 97,4 per cento le telefonate sono “libere” ovvero non vengono usate parole in codice - che pure esistono - per chiedere l’intervento di polizia o carabinieri e in alcuni casi anche del 118. Perché l’aggressione verbale si è trasformata in violenza fisica, con percosse e/o abusi. Da marzo a novembre dunque: nove mesi con un indice di richieste d’aiuto che dà molto su cui riflettere e intervenire. Nel 49,2 per cento le telefonate sono state dirottate ai carabinieri, nel 49,5 per cento alla polizia mentre nel 22 per cento è stato necessario anche l’intervento del 118. Già nel 2020 il Nue 112 del Lazio si era dotato di una specifica istruzione operativa per gestire le richieste di aiuto anche quando vengono avanzate in maniera non esplicita perché la vittima è in presenza del carnefice. «Nel 2020 infatti, durante la pandemia e conseguentemente al lockdown, ci fu un aumento di chiamate da parte di vittime di violenza - spiega Livio De Angelis, direttore Regionale soccorso pubblico e Nue 112 - che esprimevano in maniera camuffata la propria richiesta di aiuto perché costrette in casa con il loro carnefice. I dati raccolti, seppur dal punto di vista dei servizi di emergenza, fanno emergere le dimensioni del problema e con esse la necessità di risolverlo attraverso una serie di interventi operativi, legislativi ed educativi». Da ultimo è possibile scaricare l’App “Were Are U” che permette di attivare la richiesta di aiuto anche in modalità “muta”, ovvero senza che la vittima parli, permettendo comunque agli operatori di identificare la persone, il luogo e avviare i soccorsi.

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Il Messaggero