Trastevere piange il Vichingo, filosofo di strada

Trastevere piange il Vichingo, filosofo di strada
Amava trascorrere le giornate guardando la gente. Era un attento osservatore di quell’umanità variopinta che, giorno e notte, popolava le vie di Trastevere. Parlava...

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Amava trascorrere le giornate guardando la gente. Era un attento osservatore di quell’umanità variopinta che, giorno e notte, popolava le vie di Trastevere. Parlava soprattutto con gli sguardi e i silenzi. Lasciava sempre una sdraio alla farmacia di Santa Maria in Trastevere. Non aveva mai studiato, ma la laurea se l’era conquistata in strada. Luigi Marchetti, per tutti il Vichingo, girava con la sua inconfondibile canottiera bianca, tra San Callisto, San Cosimato e le vie di un rione che era la sua casa. Classe 1946, Gianni Di Gregorio lo aveva voluto con sé nella pellicola “Pranzo di Ferragosto”. «Era uno degli ultimi leoni di Trastevere», dice chi lo aveva conosciuto. Il Vichingo se ne è andato, dopo aver combattuto l’ultima battaglia in un letto d’ospedale. E chissà quanto avrà sofferto, in quel letto, per non poter più incrociare gli sguardi dei turisti che gli passavano davanti mentre, seduto al bar, sorseggiava una birra.


Il regista Ivano De Matteo gli ha dedicato un sonetto: «De st’università un po’ sgangherata eri er docente preferito, de filosofia de strada. Purtroppo mentre scrivo sto sonetto, m’accorgo che qui tutto sta cambianno. Come diceva ‘na vecchia canzone, mattone pe mattone ce sta crollanno dietro ‘sto rione. E adesso tocca a te, amico mio». E il dolore è anche sui social: «Te sei portato via ‘n pezzo de Trestevere», «saluto uno degli ultimi testimoni di questo rione», «ti cercavo a San Calisto e ti trovavo sempre, sarà difficile passarci e sapere che non ci sei più». 

marco.pasqua@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero