Viaggiare lavorando o lavorare viaggiando. Scegliete la definizione che volete, anche perché a volte i tanti giovani (ma non solo) che salutano per periodi più o...
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Dimenticate il luogo comune del ragazzo che va a Londra a fare il cameriere e intanto migliora il suo inglese, o del promettente ricercatore costretto ad accettare l'offerta di un'università in California perché in Italia sarebbe sottopagato. C'è anche tutto questo, ma il fenomeno relativamente nuovo dei nomadi digitali è altro. Sono la sfida e la scelta di chi grazie a un computer e a una connessione lavora e guadagna in un luogo in cui ha deciso di vivere per un po', fa il social manager, il travel blogger, carica video su YouTube con cui, se è bravo, aumenta le entrate.
Ma fa anche il copywriter, il web designer, il programmatore per clienti italiani: viene pagato in euro ma il costo della vita è in valuta locale e non di rado conviene. Spesso per lavorare esce dall'appartamento che ha affittato o dall'ostello si ferma in qualche caffetteria dove il WiFi è potente o affitta una postazione in qualche centro di coworking, aree condivise dove può confrontarsi con altri nomadi digitali di diversi paesi del mondo, scambiandosi esperienze e stimoli.
Su YouTube ci sono molti racconti di chi se la sta cavando in questo modo, anche molti ragazzi romani, come Francesca Ruvolo, 28 anni, di Wildflowermood che in uno dei suoi molti video da Bali racconta come è diventata una nomade digitale, o Marcello Ascani, tra i più popolari grazie ai suoi video diari di viaggio. Ma sono solo due esempi in un oceano di esperienze differenti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero