Roma, dirigente del San Camillo ruba vestiti dal magazzino del Vaticano. L'avvocato: «Era stressato»

Dirigente del San Camillo finisce in tribunale: «Ha rubato vestiti dal magazzino del Vaticano». L'avvocato: «Era stressato»
L'avvocato ha chiesto una perizia psichiatrica, perché nulla sembra giustificare due furti così. Un dirigente medico dell'ospedale San Camillo di Roma...

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L'avvocato ha chiesto una perizia psichiatrica, perché nulla sembra giustificare due furti così. Un dirigente medico dell'ospedale San Camillo di Roma è finito davanti alle sbarre del Tribunale Vaticano con l'accusa di aver rubato capi d'abbigliamento dai magazzini del governatorato, nascondendoli sotto ai propri. Il reato, confessato dallo stesso medico, è avvenuto due volte, a ottobre (con il furto di un capo) e a novembre (due capi) dello scorso anno. La difesa, nella prima udienza che si è tenuta stamattina alla presenza del presidente Giuseppe Pignatone, contesta che i fatti siano avvenuti in una situazione psicologica particolare, perché nulla farebbe pensare a una difficoltà economica nel reperirli autonomamente: il dirigente ha infatti un reddito annuale di circa 100 mila euro e anche la moglie è dirigente medico presso un altro ospedale.

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L'avvocato Angelo Coccia ha spiegato che questo quadro «fa sorgere dubbi sulla situazione» in cui sono avvenuti furti, perché «non c'è logica, a meno che non ci siano stati condizionamenti dovuti allo stress che abbiano diminuito le capacità di intendere e di volere dell'imputato». In particolare, l'avvocato del dirigente ha spiegato che quando è avvenuto uno dei furti il dottore veniva da un turno di guardia presso il Reparto di Terapia intensiva del San Camillo.

La perizia avrebbe confermato un quadro critico che dimostrerebbe che «l'attività è stata posta in essere senza intenzionalità o capacità di comprensione». Da qui la richiesta di «non imputabilità» con la nomina di un perito e di un perito di parte.

Il promotore di Giustizia applicato Gianluca Perone si è opposto alla richiesta sia perché «non risulta una situazione di disagio» sia perché c'è una «intrinseca opinabilità» della perizia. Il procuratore generale a sostegno della tesi ha osservato che non si può definire con certezza a quanto stress fosse stato sottoposto il medico quando ha commesso il furto e quanto questo stress avesse influito sulle sue capacità di intendere e di volere. La corte si è riservata di decidere sia sull'eventuale perizia sia sull'ammissione di eventuali testi nella prossima udienza, fissata al 23 giugno prossimo.

 

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Il Messaggero