Uccise l'infermiera romena Maricica con un pugno nella metrpolitana, Alessio Burtone già libero dopo 4 anni

Uccise l'infermiera romena Maricica con un pugno nella metrpolitana, Alessio Burtone già libero dopo 4 anni
Ormai è libero. Con piccoli limiti: niente serate fuori, rientro a casa entro le otto, divieto di frequentare teste calde. Alessio Burtone, il giovane romano che nell'ottobre...

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Ormai è libero. Con piccoli limiti: niente serate fuori, rientro a casa entro le otto, divieto di frequentare teste calde. Alessio Burtone, il giovane romano che nell'ottobre 2010 ha ucciso con un pugno l'infermiera romena Maricica Hahaianu, ha già chiuso (o quasi) il conto con la giustizia. E' stato scarcerato due giorni fa e affidato ai servizi sociali. Potrà andare in palestra per lavorare, uscire, senza rimettere piede in cella. Chiuso il capitolo carcere.








Quattro anni tra domiciliari e Regina Coeli sarebbero bastati per rieducarlo dall'omicidio. Poi è giovane, neanche trentenne. Ed avrebbe anche mostrato volontà di lavorare. Sono queste le motivazioni che, su suggerimento degli avvocati Gian Antonio Minghelli e Fabrizio Gallo, hanno spinto il Tribunale di Sorveglianza di Roma a liberare con quasi quattro anni di anticipo l'arrestato, condannato con pena definitiva a otto anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Libero nonostante il parere negativo del procuratore generale. «Una giovane donna è morta per un suo scatto d'ira, resti in carcere», era stata l'indicazione del pg disattesa dai giudici di sorveglianza.



LA VICENDA

L'immagine del pugno sferrato in pieno giorno alla stazione ferroviaria Anagnina ripresa da una videocamera di sicurezza e rimbalzata sulla rete e in tv, invece, pare ancora fresca. Burtone aveva avuto una lite con la signora romena per una fila in tabaccheria. E fuori si erano riaffrontati con uno scambio di battutacce finché lui non l'ha zittita per sempre con quel pugno, da pugile. «Sporca, romena». La donna morì dopo una settimana di coma, lasciando il marito e una bambino piccolo. Alessio Burtone venne arrestato di lì a poco. Si aprirono così polemiche di sfondo razzista, scontri giudiziari e numerose perizie per stabilire le cause di morte della donna ed escludere complicanze di malasanità. In primo grado, era il 16 marzo del 2012, Burtone è stato condannato a nove anni. La procura ne aveva chiesti venti. Passati nove mesi, ecco la sentenza di secondo grado, che ha abbassato la pena di un anno. Burtone aveva chiesto scusa pubblicando una lettera a pagamento su un giornale romeno corredata dalla sua foto con la testa incappucciata da una felpa blu il giorno dell'arresto.Quindi la condanna definitiva del luglio 2014 ed ora la scarcerazione.

LE NUOVE ACCUSE

Burtone potrà partecipare da libero ad un altro processo che pende su di lui, per un caso analogo. Stando all'accusa il giovane, prima di aggredire Maricica aveva già sferrato una manata in testa ad una peruviana, madre di una sua amica. Un caso finito in aula nel 2012. Mentre il pm Antonio Calaresu impugnava la sentenza di primo grado, davanti al tribunale monocratico di Roma si era aperto l'altro capitolo giudiziario, quello appunto per l'aggressione alla 55enne sudamericana Ester Ruth Hinojosa Sanchez avvenuta il 6 gennaio 2010, otto mesi prima dell'aggressione all'infermiera. Secondo la ricostruzione della procura avevano assistito alla lite la figlia della vittima, allora quattordicenne, e un ventenne amico di Burtone, Raffaele, che aveva dato la sua spiegazione all'accaduto. «Non c'è stato nessuno schiaffo, pugno. Burtone ha appoggiato la sua mano sul viso della signora, come in un gesto di stizza perché lei gli aveva buttato il telefonino a terra». Una storia ancora appesa alla decisione di un giudice, nel frattempo cambiato. La giustizia nel caso dell'omicidio, invece, è stata più celere anche per la liberazione.



LA FAMIGLIA


«È finito un incubo», poche parole poi l’invito alla madre perché chiuda la porta ed eviti di parlare coi giornalisti: «Chiudi la porta, chiudi». «Era a Rebibbia, ora sta riposando nel suo letto». Mamma Daniela è commossa: «Ancora dobbiamo renderci conto, fino a ieri era in carcere. Sono stati anni terribili, dolorosi. Lui non voleva uccidere quella donna». Ora dovrà ricominciare da capo. «È in affidamento - aggiunge la signora Daniela- tornerà a lavorare. No, in tutto questo tempo non abbiamo mai parlato coi familiari di Maricica». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero