Spara e uccide la moglie a Cave, vicino Roma: terzo femminicidio in 21 giorni

Ancora un femminicidio. Ancora una donna uccisa a colpi di pistola dal marito al culmine dell'ennesima lite per la separazione. La tragedia si è consumata a Cave,...

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Ancora un femminicidio. Ancora una donna uccisa a colpi di pistola dal marito al culmine dell'ennesima lite per la separazione. La tragedia si è consumata a Cave, piccolo comune in provincia di Roma, circondato dai boschi dei Monti Prenestini. Qui vivevano Antonio e Carmen. Un matrimonio che comincia a scricchiolare, dagli screzi si passa facilmente alle discussioni e poi alle liti. L'ultima oggi poco prima di pranzo, intorno alle 12, quando in via delle Noci i vicini avvertono un boato.


Mette like al post Fb di un amico, il fidanzato la massacra di botte e tenta di cavarle gli occhi

 
Sono i colpi di pistola che Antonio Brigida, 59 enne autotrasportatore e volontario della Croce Rossa ad Olevano Romano, esplode contro la moglie, 45 enne di origine romena. Quando i carabinieri intervengono sul posto lo trovano ancora con la pistola in mano. Lui non oppone resistenza e si consegna ai militari. Entrambi avevano figli da passati matrimoni. Nel condominio per l'intera giornata cala il silenzio. Davanti al cancello stazionano i carabinieri, mentre qualche passante chiede informazioni. Secondo quanto si è appreso, l'omicida deteneva legalmente l'arma in casa, per uso sportivo.

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Quello di Cave è il terzo femminicidio in 21 giorni, il sedicesimo da inizio anno. Il 16 aprile scorso la 44enne Romina Iannicelli, al secondo mese di gravidanza, viene uccisa dal marito quattro anni più grande di lui, Giovanni De Cicco, nel loro appartamento a Cassano allo Jonio, in Calabria. Prima la aggredisce a calci e pugni, poi con un cavetto elettrico - di quelli utilizzati per ricaricare i telefonini - e infine con un bastone con cui le fracassa il cranio. L'ha uccisa nella notte, poi è scappato via. Braccato dagli investigatori, l'uomo si costituì ammettendo l'omicidio. Il giorno dopo, il 17 aprile, Moncef Naili, tunisino di 54 anni, strangola a morte la moglie, Elvia Bruno, di 53, poi chiama i carabinieri per farsi arrestare. I due si erano sposati nel 2016, ma dopo poco tempo il matrimonio è entrato in crisi.

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Nell'ultimo periodo, la donna, che aveva iniziato a lavorare come badante, aveva espresso l'intenzione di abbandonare il marito, a causa delle sue continue scenate di gelosia, avviando le pratiche per la separazione. Una decisione che ha scatenato la ferocia dell'uomo, che lavorava saltuariamente come cuoco in un pub. Così l'ha presa per il collo soffocandola. Poi la chiamata al 112: «Ho strangolato mia moglie, venite a prendermi».​
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Il Messaggero