Roma, una casa chiamata roulotte: ecco gli invisibili del Tuscolano

Tiravano sassi sulla roulotte perché cacciava chi veniva a drogarsi. Adesso combatte contro «quelli che sporcano» e abbandonano vecchi mobili e rifiuti quando...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Tiravano sassi sulla roulotte perché cacciava chi veniva a drogarsi. Adesso combatte contro «quelli che sporcano» e abbandonano vecchi mobili e rifiuti quando fa notte. Ricarica la batteria del computer in un negozio vicino, così «la luce del pc la sera mi fa compagnia». «La vita in una roulotte? Tanto lì devo solo dormirci». Amid, architetto egiziano, 53 anni, vive in una casa di latta in fondo a via Nocera Umbra, all'Appio Tuscolano. Lì, da decenni sono parcheggiate alcune roulotte. Per il quartiere sono fantasmi, in pochi conoscono la loro storia. «Io sono aiutato dalla Comunità di Sant'Egidio» racconta Amid che fa il muratore, «ma aggiusto anche cose». Negli altri carrozzoni non c'è nessuno. Alcuni raccontano la storia di «un omone che un tempo guidava quel gigante bianco e sbatteva contro le auto parcheggiate facendo infuriare tutti». Di lui non c'è più traccia da un po' di tempo. «Dicono che stia male e sia ricoverato». La roulotte è chiusa, fuori ci sono stendipanni, sedie, una tenda per coprire l'accampamento e quel tubo dell'acqua collegato chissà dove. Sulla casa di latta c'è anche un foglio: sopra è scritto a penna un numero di cellulare, ma se si chiama la linea risulta inesistente.

La parte finale di via Nocera Umbra sembra un angolo dimenticato del quartiere. Ci sono gli abitanti invisibili delle roulotte e c'è il cantiere fantasma: è aperto da oltre un anno, ha modificato la viabilità della zona, interdetto la strada anche a una linea dell'Atac, ma sulla recinzione non c'è alcun cartello dei lavori, nessuna data di inizio o fine lavori. Dietro quel cantiere fantasma spuntano le roulotte. Davanti a uno dei carrozzoni ci sono tante piantine attaccate a una rete, un tentativo di fare casa di un pezzo di strada.

IL QUARTIERE
Le voci del quartiere raccontano di un italiano che la mattina all'alba va a fare le pulizie, poi dorme tutto il giorno nella roulotte «perché sta male, è triste, ha iniziato a vivere là dentro da quando ha perso il lavoro». Neanche Amid ieri lavorava: era ben vestito, ed è rispettato da chi lo conosce. E aspettava che qualcuno lo chiamasse per qualche servizio. Il telefono non ha squillato. Anni fa sullo stradone c'era un'altra roulotte. «Ci vivevano due fratelli, poi sono scomparsi» ricordano. Lei è ricomparsa invece. «Adesso vive sotto uno degli archi dell'acquedotto, su via del Mandrione». La strada citata da Pier Paolo Pasolini, un tempo baraccopoli di nomadi, prima ancora rifugio degli sfollati di San Lorenzo. Negli ultimi anni il serpentone che collega la Tuscolana al Pigneto ha cambiato pelle: ospita mostre d'arte, locande. Ma quegli archi, praticamente dietro via Nocera Umbra, continuano ad attrarre disperazione. Coperte, cruciverba, e poi l'estremo tentativo di portare un po' di bellezza: incastrati tra i massi fiori di plastica. La donna che viveva nella roulotte e che è scomparsa per anni, è tornata e ora vive lì. Impossibile parlarci, si nasconde tra i cartoni.

FRANCESCA E LE ALTRE
Percorrendo il serpentone su via Casilina Vecchia c'è un'altra favelas. Ci abitano due fratelli senegalesi dalla scorsa estate: per campare costruiscono braccialetti che rivendono in centro.

Ancora più giù in via Lanusei, compaiono due roulotte: in terra decine di bottiglie di birra. Esce un uomo e non ha affatto voglia di parlare. Pochi passi e nel giardino sudicio di via Gallarate, Francesca e Antonella sedute su una panchina provano a farsi forza. Loro non hanno neanche la roulotte e si lamentano perché «per avere un posto letto alla Caritas devi lottare»: una è finita in strada dopo la morte dei genitori, l'altra dopo essere scappata dal marito violento.
  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero