La truffa del finto orologio: eredità della vecchia Roma

La città cambia giorno per giorno, si evolve, diventa irriconoscibile, ma ci sono cose che restano immutabili nei decenni, come se il tempo non passasse mai. Per esempio,...

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La città cambia giorno per giorno, si evolve, diventa irriconoscibile, ma ci sono cose che restano immutabili nei decenni, come se il tempo non passasse mai. Per esempio, i truffatori da strada, quelli che si accostano con la macchina agli anziani fingendosi una vecchia conoscenza, «aho come stai? Da quanti anni non ci vediamo! Ma che non ti ricordi? Dai sono l’amico di tuo fratello, ti ricordi?...» finché la loro vittima non finge di ricordarsi, se non altro per educazione, e accetta la conversazione, poi il furfante comincia a raccontargli le traversie della sua vita e infine mette in mano al vecchietto un orologio o qualche altro oggetto prezioso - ovviamente finto - offrendolo in svendita per pochi spiccioli, «dammi quello che vuoi, anche poco, dammi quello che hai in tasca». 


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Se il trucco riesce, il malvivente se ne va accontentandosi di qualche decina di euro che comunque per lui sono tutto guadagno. Se invece l’anziano non ci casca e resta diffidente il truffatore chiude bruscamente la discussione e scappa via spingendo sull'acceleratore dell'automobile. Agiscono tutti i giorni, spostandosi da un quartiere di Roma all’altro, in genere hanno i capelli grigi, i vestiti in ordine, l’aspetto della persona perbene. Nel loro squallore, questi farabutti di piccola taglia sono gli eredi di una tradizione antica come l’Italia, gli epigoni di quei bidonari e magliari che hanno avuto un ruolo non secondario anche nella letteratura e nella cinematografia nazionale.
pietro.piovani@ilmessaggero.it

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