Volevo dirvi che si può usare Twitter senza insultare, ma solo per scrivere i nostri pensieri e per ridere ...
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@ValeSantaSubito
Brutti e bannati. Li riconosci perché magari su Twitter hanno zero follower ed è evidente che sono già stati scomunicati e si sono costruiti l’ennesimo profilo per potere continuare a insultare con la funzione shuffle, dove prendo prendo. Su Facebook s’intrufolano nei profili degli altri e cominciano a commentare «ma perché non la smetti di parlare di...», come se qualcuno lo obbligasse con la forza a leggere i commenti degli altri. A volte, provano persino a inviare messaggi intrisi di odio e incomprensibili sulla chat private di Facebook, aspettando ansimanti che il destinatario cada nella rete irrazionale della provocazione. Non è odio, perché quello è un sentimento basato su fatti, eventi, conoscenze reali. No, è una frustrazione inguaribile, sempre più diffusa a Roma sui social network (certo, non solo qui, ma da queste parti negli ultimi mesi si sia moltiplicata). Li immagini inchiodati alla sedia o con lo sguardo spiritato fisso sullo smartphone - sì, proprio come il formidabile personaggio di Crozza - e ti domandi come si possano trascorre le ore scrivendo insulti in una catena di montaggio. Domanda da brividi: e se dietro al nickname dell’insultatore seriale ci fosse il barista che ti sorride ogni giorno, la postina simpatica o il benzinaio gentile? Se il lato oscuro 2.0 fosse una massa di frustrazione che si portano dietro tante persone normali e insospettabili?
mauro.evangelisti@ilmessaggero.it
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