Non ha ancora assunto i contorni di una vera e propria voragine ma l'ammanco è enorme, complici i mancati controlli da parte del Comune e dell'azienda...
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In merito a quanto pesa la tassa su laboratori artigianali, ristoranti, bar, negozi ma anche uffici, un'analisi della Confartigianato conferma il dato: a Roma il settore imprenditoriale e artigianale è il più tartassato d'Italia. Qualche esempio? Nella Capitale un ristorante paga per la Tari 41,3 euro a metro quadro e un locale di 200 mq arriva a fine anno a dover sborsare 8.260 euro. A Torino, invece, la stessa attività imprenditoriale paga in rifiuti 18,9 euro a metro quadro e ogni anno per un locale di 200 mq sborsa 3.780 euro. Anche a Milano, Palermo e Napoli le tariffe sono più basse e non solo per le attività di somministrazione. Se infatti a un laboratorio artigianale di 200 metri quadri - falegname o tappezziere che sia - nella Capitale si chiedono 10,3 euro a mq e 2.060 euro all'anno per il ritiro dei rifiuti (non ingombranti né speciali che seguono un canale a sé per lo smaltimento), a Milano la cifra scende rispettivamente a 4,45 euro a mq e a 890 euro l'anno. Elevato anche il costo richiesto agli uffici: il canone annuale romano si attesta sui 3.480 euro se l'ufficio in questione ha un'ampiezza di 200 mq. La stessa realtà traslata a Palermo costa in rifiuti 1.340 euro e a Napoli 820 euro. In media, analizzando i conti della Confartigianato a Roma si paga quasi il 250 per cento in più di Milano. «Gli aumenti più considerevoli applicati alla Tari negli ultimi anni - spiega Antonio Fainella, presidente della Confartigianato - sono stati scaricati quasi interamente sul comparto imprenditoriale». Ad oggi su circa 800 milioni di euro, che rappresentano i costi di Ama per il servizio di raccolta, «circa 430 milioni sono pagati - continua Fainella - da 120 mila imprese. La quota a loro carico è del 53%: non esiste un dato simile nel resto del Paese». Il risultato è chiaro. «Servirebbe una norma - conclude il numero uno della Confartigianato - che agevoli il recupero dell'evasione». I controlli ad oggi non sono capillari e nella maggior parte dei casi anche a fronte dell'accertamento della violazione, le imprese alla fine preferiscono chiudere invece che pagare, producendo un duplice danno: non permettere il recupero all'amministrazione e assottigliare ancora di più il comparto imprenditoriale.
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Il Messaggero