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Un sistema illegale, basato su «schemi corruttivi gravi», dove non c'era il timore di sfociare nell'illecito «purché venisse raggiunto il risultato». Nell'ultima udienza del processo sul giro di corruzione legato alla realizzazione dello stadio della Roma, a Tor di Valle, è iniziata la requisitoria della Procura: la pm Giulia Guccione ha descritto il «sistema Parnasi», nel quale i «favori ai politici locali, di tutti i partiti, erano un metodo per fare impresa». Il dibattimento è alle battute finali e questa settimana arriveranno le richieste della Procura a carico dell'ex presidente di Eurnova, Luca Parnasi, appunto, accusato di associazione a delinquere insieme ai suoi collaboratori, e anche a carico degli altri imputati: politici e funzionari capitolini che, per l'accusa, l'imprenditore avrebbe tenuto a libro paga, o avrebbe cercato di ingraziarsi con finanziamenti ai partiti. «Cercava il perseguimento del favore politico a 360 gradi», ha detto il magistrato, «senza fare differenze tra metodi leciti e illeciti».
LE ACCUSE
Sul banco degli imputati, tra gli altri, ci sono l'ex presidente dell'assemblea capitolina, Marcello De Vito, l'avvocato genovese Luca Lanzalone, Michele Civita, all'epoca assessore regionale.
La Procura ha descritto nei dettagli il «metodo applicato nel progetto dello stadio», emerso dalle conversazioni captate: «Sono state usate espressioni singolari, come "abitudine anni 80", oppure "metodo Prima Repubblica", che delineano una certa nostalgia per quel mondo perso con Mani Pulite». Per l'accusa, quella capeggiata dall'imprenditore era una vera e propria «associazione criminale», con Parnasi che aveva addirittura l'ambizione «di incidere sulla politica nazionale». In un'intercettazione, infatti, afferma: «Il governo lo sto facendo io». Il sogno era che Luca Lanzalone diventasse presidente del Consiglio, «con un unico fine: quello del profitto, portato avanti in maniera spregiudicata», dice la pm.
Per la Procura, infatti, l'avvocato genovese era uno degli uomini di fiducia del gruppo all'interno del Comune di Roma, dove, pur non avendo un regolare contratto, sarebbe stato incaricato dall'ex sindaca Virginia Raggi di seguire il dossier sullo stadio. Per il pm i «rapporti corruttivi con Lanzalone e Marcello De Vito sono i più gravi» e avrebbero consentito di sbloccare il progetto. I Cinquestelle, infatti, inizialmente erano contrari alla realizzazione dell'impianto sportivo e, grazie all'intervento di Lanzalone, avrebbero cambiato idea. Il magistrato ha anche sottolineato che la Raggi - indagata per falsa testimonianza - «ha mentito»: aveva detto di aver rinegoziato la decisione su indicazione dell'avvocatura capitolina, ma «il Comune ha agito in modo diverso».
Il Messaggero