Roma, Tiburtina dimenticata: il declino del "distretto del futuro" tra lavori infiniti e rifiuti

Doveva diventare il simbolo dello sviluppo. Un po' di quel successo californiano in salsa romana con la Capitale che, strizzando l'occhio a San Francisco, inaugura,...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Doveva diventare il simbolo dello sviluppo. Un po' di quel successo californiano in salsa romana con la Capitale che, strizzando l'occhio a San Francisco, inaugura, benedice e protegge la sua Tiburtina valley: il distretto industriale del futuro. Di quel sogno americano, immaginato quando le speranze non erano divenute ancora chimere, sono rimasti oggi solo i capannoni sdruciti o abbandonati se non, nei casi peggiori, occupati da sbandati ed extra comunitari. Il progresso ha deciso di guardare altrove e Roma ha lasciato fare. Dieci chilometri o poco più, dalla stazione Tiburtina secondo scalo ferroviario della città fino all'innesto con l'A90, che tirano dritto seguendo una lunga linea di degrado. «L'altra notte se so menati che erano ubriachi persi ma che ne sa di quello che passiamo tutte le sere con sti sbandati», si sfoga Romolo che abita in via Michele Lando, a pochi metri dall'ingresso della stazione e nel sottopasso della Tangenziale Est, in prossimità della metropolitana, ne vede di tutti i colori. Le risse tra ubriachi romeni e polacchi sono all'ordine del giorno.

 

LA VIOLENZA

Botte, spintoni, qualche volta ci scappa pure il ferito grave ed ecco che le grida in strada vengono coperte dal suono delle sirene di polizia e carabinieri. E lo stesso suono di semaforo in semaforo per motivi che vanno dalle aggressioni, ai furti fino ai sequestri e agli arresti arriva nitido all'incrocio con via di Pietralata. «Il problema lo sa qual è?», domanda Elvira seduta al tavolo del bar che fa angolo «è l'ipocrisia istituzionalizzata, quella adottata da chi governa sta città e pure il Municipio che dicono che va tutto bene, ma dov'è che va bene? Ma l'ha visto là che c'è?». Con il dito indica il civico 770 della via Tiburtina, un palazzo di una vecchia società dismessa, occupato da un centinaio di famiglie. «E là?», la signora Elvira si gira e indica Las Vegas una sala slot (qui l'America c'è tutta) che per un po' ha avuto i sigilli alle porte. «No, no... Non prendiamoci in giro che se devo arriva al Municipio me pare de passà per l'inferno». Su questa strada diverse attività commerciali sono state sequestrate perché legate alla criminalità organizzata e usate per ripulire il denaro delle attività illecite. Diversi mesi fa, in un bar, i carabinieri strinsero le manette ai polsi di Filippo Morgante, l'uomo considerato reggente della ndrina Gallico, la cosca calabrese che controlla la zona di Palmi nella piana di Gioia Tauro. Era latitante da un anno e si nascondeva in un comprensorio che si affaccia sulla Tiburtina. Poi ci sono i problemi che al confronto sembrerebbero delle bazzecole ma rendono infernale la vita a chi vive o percorre questa strada tutti i giorni. «Se piove o nevica, come è successo, ti devi fare il segno della croce, tra buche, voragini e un cantiere infinito», si sfoga Angela Guardella. Il cantiere a cui la donna fa riferimento è quello dell'ampliamento della via Tiburtina che tra stop and go va avanti da almeno dieci anni. Arrivati all'incrocio con via di Casal dei Pazzi inizia tutto il fallimento del sogno americano: fabbriche sgomberate come l'ex Penicillina o abbandonate e ancora preda di sbandati o senzatetto. Ai bordi delle strade troneggiano i rifiuti abbandonati. Non solo sacchetti ma anche vecchi wc o televisori. Il centro raccolta di Ponte Mammolo a volte è così carico che sembra scoppiare. «Quando abbiamo acquistato casa ormai vent'anni fa racconta una residente di via Visso credevamo che questa zona sarebbe diventata bella, piena di negozi, industrie e parchi. Ci hanno lasciato con l'immondizia, le strade dissestate e le occupazioni». Altro che sogno americano.
  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero