La capitale non sorge su faglie sismiche, non è quindi ad alto rischio, ma il suo sottosuolo è di tipo alluvionale, un tipo di terreno che amplifica le onde sismiche...
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I terreni morbidi e alluvionali su cui sorge la capitale «tendono ad amplificare le onde sismiche ed è il motivo per cui
si risentono molto i terremoti che avvengono nell'Appennino centrale», spiega il sismologo Antonio Piersanti, dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). «Il modo in cui viene risentito un terremoto - aggiunge - dipende molto dalla struttura del territorio». La possibilità che avvengano danni dipende invece dalle caratteristiche della propagazione delle onde sismiche. «A distanze superiori a 100 chilometri - ha detto ancora l'esperto - le onde sismiche danno oscillazioni lente, che possono essere risentite maggiormente dalle strutture molto grandi. È una questione di risonanza».
Roma in passato non è stata immune dall'essere danneggiata dal terremoto, a cominciare da quello del 1348, epicentro nell'Appennino abruzzese, che provocò, tra l' altro, il crollo di parte del Colosseo, il lato che poggia su terreno alluvionale. Sempre il Colosseo fu danneggiato da un altro terremoto nel 1703, sempre con epicentro l'Appennino abruzzese, mentre gravi danni furono registrati a Roma nel 1806, ma questa volta la responsabilità fu della zona vulcanica dei Colli Albani.
Peraltro proprio in questi giorni si è discusso di un possibile risveglio del vulcano dei Colli Albani, ma il
sismologo Piersanti ha osservato che «non c'è alcuna evidenza che in questo momento siamo in una situazione diversa da quella degli ultimi anni, non ci sono segnali di alcun tipo. I Colli Albani sono attualmente un'area vulcanica sopita, potenzialmente ancora attiva, ma non ci sono state variazione recenti che possano far pensare a un risveglio».
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Il Messaggero