Tanta paura ma nessun danno a Roma, città che, dopo il sisma del 2016 (quello che colpì Norcia) non ha mai portato avanti il piano di messa in sicurezza annunciato...
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Il 30 ottobre del 2016, le scosse che danneggiò Norcia e altri pezzi del patrimonio artistico umbro arrivarono fino a Roma. Non ci furono feriti né crolli di strutture, ma molti edifici e alcune infrastrutture come i ponti presentarono delle crepe. La sindaca Virginia Raggi chiuse le scuole, predispose ispezioni a strade e fabbricati propedeutiche a interventi di messa in sicurezza. Ma da allora è stato fatto poco. Pur non avendo riscontrato finora grandi criticità, il piano di monitoraggio sulle scuole va a rilento, con campionature in tutti i Municipi. Senza contare che i lavori veri e propri per sistemare gli istituti, anche per le rigidità del bilancio di Roma Capitale, non seguono un piano omogeneo. Gli stessi municipi hanno appena completato e girato al Dipartimento urbanistico un monitoraggio sulla cosiddetta zonizzazione per conoscere le aree dove la qualità dei terreni può amplificare le scosse. La Protezione civile ha aggiornato i protocolli in caso di emergenza. In quest’ottica, si comprendere il tentativo di accelerare i controlli sugli istituti. Ieri, tra Roma e provincia il terremoto si è sentito soprattutto sulla dorsale Sudest. Da qui sono arrivate le maggiori telefonate al 118. E sempre in questa direzione, andando verso Napoli e Latina che i treni hanno subito rallentamenti per permettere a Rfi di controllare la stabilità della rete ferroviaria. Parliamo del Tuscolano, dell’Appio, di Cinecittà, del versante dell’Ardeatina per poi risalire verso Ciampino, Morena e i principali centri dei Castelli come Grottaferrata o Frascati. Non a caso le aree dal punto di vista sismico più pericolose, perché classificate con livello di rischio 2B e dove le scosse vengono più amplificate. E se la dorsale tra il Gianicolo e Monte Mario è costruita su terreni argillosi, a Nord dove si incrociano il Tevere e l’Aniene e a Sud verso la foce dello stesso Tevere è forte il rischio idrogeologico.
Spiega Roberto Troncarelli, presidente dell’Ordine dei geologi di Roma: «Il dato che fa più pensare è che Roma e la sua provincia non hanno una mappatura definitiva né sugli edifici - l’80 per cento è stato costruito prima del 1974 - né sulle sue tante cavità, ne conosciamo solo un centinaio.
Il Messaggero