Bravo Chicco, che tema hai fatto, qual’era il titolo?». La risposta è come una sassata: «Che cosa è per te la felicità». Ecco, bene....
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Bravo Chicco, che tema hai fatto, qual’era il titolo?». La risposta è come una sassata: «Che cosa è per te la felicità». Ecco, bene. Bello, bellissimo, profondo, tanto. Impegnativo, forse troppo per quattro adolescenti brufolosi.
Viene in mente di chiedere, approfondire ma ci si astiene per pudore, e non si fa in tempo a pronunciare la domanda giusta, «E tu che hai scritto?», che arriva la risposta, altra sassata: «Le ragazze...» così, più o meno, è quel che s’intende al telefono. Ah vedi, chi ci aveva pensato, stai avanti... «A ma’ sto a scherzà...». La telefonata si interrompe, per poi riprendere il discorso di persona. «Eh, tesoro, dico davvero non è che hai parlato di successo, denaro, così tanto per sapere?».
La risposta rincuora ma mette tristezza. «No mamma stai tranquilla, ho parlato di tutte quelle c... (cose) che si devono dire». Quindi «salute, amici, famiglia, amore, sogni?», sìsì. La risposta lucida ha un che di spietato, la sensazione che abbia scritto quel che si DEVE scrivere resta dentro, come l’istinto di capire meglio come approcciare a questi ragazzi, che disincantati scrivono ciò che non pensano. Ma di fatto non sanno, come forse nemmeno noi, cosa sia in fondo la felicità. Che ha spesso la durata di un sassata, tirata bene, per caso.
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Il Messaggero