Tanto a Portico d'Ottavia quanto a San Giovanni in Laterano sono scattate le chiusure di 5 giorni ai locali. Ma il fenomeno del tavolino selvaggio stavolta completamente...
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GLI ARREDI
Qualche esempio di strade e piazza più che centrali: tavolini abusivi si scorgono tanto in piazza della Cancelleria quanto in via della Vite dove un locale ha incassato ben 8 verbali per occupazione indebita di suolo pubblico. Ancora: episodi analoghi si consumano in via del Pellegrino, in via Urbana, in piazza della Repubblica, in piazza Mastai e poi a Trastevere, da vicolo del Cinque a vicolo del Bologna passando per piazza Giovanni della Malva. Ai piedi dei palazzi delle istituzioni (abusi ci sono anche in piazza Sant'Eustachio, due passi da palazzo Madama) o di fronte a chiese e monumenti (i casi di via del Lavatore o piazza Santa Maria in Trastevere fanno scuola) c'è chi si accontenta di montare qualche tavolo, chi invece invade interi lembi persino con arredi tutt'altro che consoni al decoro richiesto nel Centro. «Il fenomeno dell'abusivismo conclude la consigliera Naim è un pozzo senza fondo, occorrerebbe applicare la denuncia prevista dall'articolo 633 del codice penale e la legge 94 del 2009 (che prevede la chiusura immediata dell'esercizio per almeno cinque giorni) in tutta la sua forza recependola con una nuova ordinanza del sindaco.
I CONTROLLI
Dal I Municipio, l'assessore al Commercio Tatiana Campioni ricorda i tanti interventi di chiusura effettuati negli ultimi mesi: «Da Trastevere a Borgo Pio, passando per il Ghetto e San Giovanni, sono decine i locali che hanno ricevuto la determina di chiusura per 5 giorni, il problema però è un altro». E riguarda i sotterfugi che proprio gli esercenti praticano per continuare a lavorare nell'illegalità. «Già al secondo verbale, dopo la chiusura temporanea conclude la Campioni l'esercente che viene trovato a reiterare l'abuso, è impossibilitato a chiedere l'occupazione di suolo per i due anni a venire, ma per continuare a lavorare usa l'escamotage del cambio di proprietà». Ed è così che la giostra riparte da capo.
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Il Messaggero