Roma, si suicida a 23 anni per gli insulti del ragazzo: ora la procura vuole processarlo

Roma, si suicida a 23 anni per gli insulti del ragazzo: ora la procura vuole processarlo
Una relazione malata e una ragazza bellissima che, a 23 anni, si distrugge poco per volta. E' soggiogata da un compagno violento, che la picchia, la insulta, la umilia. La...

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Una relazione malata e una ragazza bellissima che, a 23 anni, si distrugge poco per volta. E' soggiogata da un compagno violento, che la picchia, la insulta, la umilia. La obbliga a ingrassare di 20 kg, la convince a consumare droghe. Ora, lui è finito sul banco degli imputati per istigazione al suicidio e cessione di stupefacenti. Per il pm Francesco Dall'Olio, che ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio, Francesco Sciammarella avrebbe reso un inferno la vita di Micol Scofano, studentessa calabrese residente a Roma. Tanto che, il 17 maggio del 2013, la ragazza decise di togliersi la vita gettandosi da una delle finestre al quarto piano del suo palazzo, in via Emma Perodi. La storia con Sciammarella inizia nel 2010. La ragazza inizia a drogarsi e viene praticamente obbligata a ingrassare nel giro di un mese.


L'INCUBO

«Mi ha fatto mangiare di tutto, aiutami», confessa la giovane alla madre. E' scritto nella consulenza della criminologa Roberta Bruzzone. Micol è vittima di una dipendenza psicologica nei confronti del ragazzo: lo perdona quando lui la tradisce, non si allontana nemmeno quando la minaccia con un coltello. Dopo tre anni, la giovane si sente sola. Sciammarella l'avrebbe isolata impedendole di frequentare gli amici di sempre. Gli stessi amici che descrivono Micol come una ragazza brillante. Bella da mozzare il fiato, bravissima negli studi. Dalle indagini è emerso che la relazione avrebbe influito negativamente anche sul rendimento universitario. E che il ragazzo, invece di consolarla, non avrebbe perso occasione per deriderla. E' il gennaio 2012, Micol viene bocciata a un esame. «Sei una fallita, i tuoi genitori si vergognano», dice Sciammarella. Nei giorni prima di togliersi la vita, la ragazza è ossessionata dai social network. Ha paura di essere finita in una trappola virtuale e decide di rivolgersi alla polizia postale. «Mamma ti prego vieni a Roma», dice alla madre il 16 maggio 2013. La donna, che si è costituita parte civile con l'avvocato Federica D'Angelo, si mette subito in viaggio. Ad attenderla, un biglietto accanto alla finestra: «Non ho fatto nulla, mi hanno rovinato». Nel computer della ragazza, gli inquirenti troveranno fotografie e un filmato intitolato «Ricatto». E' un video di lei e Sciammarella che si scambiano effusioni. Sul comodino, una lettera che, per la criminologa Bruzzone, è stata scritta dall'imputato. La frase finale è una stoccata: «Sei una pornostar». L'avvocato Antonio Stellato, che difende Sciammarella, è convito che il suo assistito sia vittima di un equivoco. «Il processo è contro la figura dello stalker, che l'imputato non incarna. Nessun teste dice di avergli sentito pronunciare espressioni che istigassero al suicidio».
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Il Messaggero