ROMA Non c’è solo il progetto per lo stadio della Roma, nel carniere che Luca Parnasi ha rapidamente messo insieme nel corso degli ultimi anni. Lui lo ha in parte...
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DUE PERQUISIZIONI
Due giorni fa, la Guardia di finanza ha acquisito atti sia nella sede della Città metropolitana sia in quella di Atac. Qui, confermano dalla ex municipalizzata, gli investigatori avrebbero portato via esclusivamente il fascicolo sul trasferimento a Castellaccio, mentre nella ex Provincia, a Palazzo Valentini, si sono concentrati su tutti gli atti successivi all’iniziale accordo tra l’allora presidente della provincia Nicola Zingaretti, e il costruttore Parnasi.
La vicenda dello spostamento di Atac nell’immobile posizionato in via Giorgio Ribotta, tra Eur e Torrino e proprio di fronte al palazzo della Provincia, si protrae dal 2005. Nel 2009 Atac versa una caparra di più di 20 milioni di euro, a Bnp Paribas, titolare del progetto poi affidato a Parsitalia con l’obiettivo di ottenere le chiavi della nuova sede a inizio 2011. E invece i tempi si allungano all’inverosimile, tanto che nel 2016 il direttore generale Rettighieri si presenta in procura con un esposto e l’idea di rescindere l’accordo. Nel 2017, Atac ha chiesto il pagamento della penale a Bnp e ha anche fatto causa in sede civile per ottenere almeno 8,5 milioni, ma è tutto l’iter di quell’accordo che i vertici dell’azienda contestano e sui quali ora la Guardia di finanza ha avviato nuovi controlli.
I COSTI DELLA PROVINCIA
Le nuove verifiche riguardano anche i costi del trasferimento della Provincia in una delle torri dello stesso quadrante, sempre di proprietà di Parsitalia. Quando la decisione sull’abolizione delle province era già presa, quella di Roma ha comunque pagato 263 milioni di euro per acquistare una torre e trasferirvi la sede. Un’operazione di cui Salvatore Buzzi, nel corso del processo Mondo di mezzo, ha parlato fornendo vari dettagli su chi avrebbe ricevuto i pagamenti e puntando i riflettori proprio sul governatore Zingaretti, prima indagato per corruzione e poi archiviato. Ma, spiega un esposto degli ex consiglieri della città Metropolitana pentastellati, Enrico Stefàno e Stefano Dessì, inviato in procura nel 2015, è anche tutta la gestione successiva dell’affare ad essere stata antieconomica: per pagare il palazzo, la Provincia ha venduto buona parte delle sue proprietà salvo restare in affitto perché i tempi di consegna si erano allungati. Infine, i magistrati hanno avviato nuovi controlli sul secondo contratto di compravendita dei terreni di Tor di Valle. Si tratta dell’“Atto modificativo dei patti transattivi” firmato il 25 giugno del 2013, un documento che ha permesso ai fratelli Gaetano e Umberto Papalia di rinunciare al gioiello di famiglia pochi mesi prima della dichiarazione di fallimento e senza aspettare che Parnasi pagasse l’intero prezzo di 20 milioni e non la sola caparra da 600mila euro. Tutte vicende su cui anche la magistratura contabile è pronta ad avviare nuovi approfondimenti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero