Campidoglio, stop al lavoro smart: i dipendenti comunali tornano in ufficio

All’impiego “agile” potranno accedere in futuro solamente 9mila dipendenti dei 23mila totali

Campidoglio, stop al lavoro smart: i dipendenti comunali tornano in ufficio
Dal primo luglio termina lo smart working. E in Campidoglio - a differenza di altri enti del Lazio come la Regione o la Città metropolitana di Roma - sarebbe già...

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Dal primo luglio termina lo smart working. E in Campidoglio - a differenza di altri enti del Lazio come la Regione o la Città metropolitana di Roma - sarebbe già tutto pronto per far rientrare gli oltre 5mila dipendenti che negli ultimi mesi hanno lavorato anche un giorno a settimana da casa. Si, il condizionale è d’obbligo: perché se è vero che una parte dei principali dirigenti del Comune è favorevole a un ritorno all’era pre-Covid, con i turni in presenza, i sindacati stanno premendo non poco per mantenere il lavoro da remoto. Risultato? Martedì è previsto un tavolo tra le parti e anche se l’amministrazione non ha ufficializzato la sua decisione, si va verso la conferma di un giorno a settimana di lavoro da casa, ma concesso a meno uffici rispetto a oggi: dovrà garantire la propria presenza chi opera in direzioni dove è più complesso sbrigare e autorizzare le pratiche, come l’Urbanistica, i Lavori pubblici, la Riscossione o la Mobilità.


Il decreto Covid dello scorso 17 marzo ha previsto che nel privato e nel pubblico si sarebbe mantenuta la modalità semplificata per ottenere lo smart working fino al 30 giugno 2022: cioè senza appositi accordi sindacali, che invece sono necessari dal mese prossimo per rendere operativo il lavoro da casa. In Campidoglio sono attualmente 5mila i dipendenti che usufruiscono di questa possibilità: in teoria per un giorno in settimana, in pratica è meno perché con le turnazioni e la necessità di mantenere un numero minimo di addetti in presenza, lo smart si riduce anche a due giorni al mese. Senza dimenticare che, nel bacino dei comunali, non ne possono usufruire vigili urbani, maestre e bidelli di nidi e asili, autisti, giardinieri, addetti della Protezione civile, personale dei dipartimenti con funzioni più istituzionali come chi è agli sportelli dell’anagrafe. 


LE SIGLE
Spiega Giancarlo Cosentino, segretario generale della Cisl Funzione pubblica di Roma: «Il nostro auspicio è che non vada sprecata l’esperienza maturata su questo fronte durante gli anni del Covid, anche perché il lavoro agile è una modalità di cui non beneficia solo il lavoratore, ma anche la città in termini di organizzazione dei propri tempi giornalieri: pensiamo soltanto al risparmio sul versante del traffico o dell’inquinamento».


In Campidoglio alcuni alti dirigenti hanno fatto notare che per gestire al meglio l’attività da remoto serve rafforzare le connessioni per evitare gli attacchi degli hacker e definire modalità di lavoro, che non creino ritardi o sovrapposizioni tra chi sta a casa e chi sta in ufficio. Ma rispetto ai pareri dei tecnici resta preminente la volontà della politica. E siccome a breve il Comune dovrà discutere sul Pola, il piano operativo sul lavoro agile in vigore da settembre, non c’è alcuna volontà di rompere con i sindacati. Unica differenza rispetto al passato sarà non autorizzare il lavoro da remoto nelle direzioni dove è necessario un ricorso agli archivi oppure l’operare in team. Per quanto riguarda il Pola, nella bozza inviata ai sindacati, il Comune prevede che in futuro 9mila lavoratori su 23mila potranno accedere al lavoro agile. E di questi solo il 30 per cento potrà chiedere di stare a casa nella stessa giornata. Proprio per motivi di sicurezza informatica, nasceranno anche delle strutture di coworking destinate ai comunali.
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Il Messaggero