Sgomberi, linea morbida: rinvii e occupanti trasferiti nei centri di accoglienza

Il Viminale rallenta sugli sgomberi e in Prefettura si sterza di conseguenza. Sulle occupazioni, torna la linea soft. Sfratti sì, ma non subito dopo la sentenza di un...

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Il Viminale rallenta sugli sgomberi e in Prefettura si sterza di conseguenza. Sulle occupazioni, torna la linea soft. Sfratti sì, ma non subito dopo la sentenza di un giudice. Solo dopo avere trovato una (non sempre facile) sistemazione alle persone «fragili», categoria che al Comune di Roma è interpretata nell'accezione più vasta possibile. Difatti, per il primo immobile nella lista dei 90 da sgomberare «in via prioritaria» (ma se ne parla da due anni), vale a dire l'ex fabbrica di penicillina sulla via Tiburtina, praticamente tutti i 200 occupanti censiti saranno accolti nelle case famiglia e nei centri d'accoglienza gestiti dal Comune. E nella stragrande maggioranza dei casi, per questo immobile che ormai cade a pezzi, non si tratta di madri con bimbi piccoli o di anziani e disabili. Sono quasi tutti migranti.


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IL CENSIMENTO
La sindaca Virginia Raggi, anche nel vertice che si è tenuto ieri a Palazzo Valentini, su ordine del prefetto Paola Basilone, ha fatto sapere di avere trovato un posto letto per tutti gli occupanti, almeno quelli considerati «stanziali», non chi insomma transita nel palazzo sulla Tiburtina solo per qualche giorno e poi va altrove.

TEMPI PIÙ LUNGHI
Quando è in programma lo sgombero? Sembrava imminente, invece dalla riunione di ieri non è venuta fuori una data. Anzi, c'è chi, tra i partecipanti al summit, ora sembra escludere che avvenga nei prossimi giorni. «Forse a fine mese», dice qualcuno. «Non è neanche detto che si parta da qui», dicono altri. Prima, in ogni caso, servirà almeno un'altra riunione a Palazzo Valentini. Su richiesta del Comune, c'è un altro ostacolo da superare: Raggi ieri ha chiesto che lo sgombero avvenga solo con la certezza che l'ex fabbrica sia resa inaccessibile dopo il blitz. «Altrimenti è uno spreco di soldi intervenire - ragionano in Comune - perché sarebbe rioccupato nel giro di pochi giorni, come è già avvenuto in passato». Per soddisfare questa condizione, servirà altro tempo. Il Comune non vorrebbe mettere in campo i vigili urbani, quindi toccherebbe all'amministratore giudiziario dell'immobile o, eventualmente, alle forze dell'ordine garantire il presidio dello stabilimento abbandonato.
L'operazione, insomma, è complicata. La frenata, nei fatti, c'è. A Palazzo Senatorio poi parlano dell'ex fabbrica di Penicillina come dello «sgombero modello», cioè quello su cui tarare anche le prossime mosse. La lista da scorrere, si diceva, è lunga, con oltre 90 indirizzi.

IL DECRETO
Ieri il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha parlato anche della situazione della Capitale, subito dopo l'approvazione in Senato del decreto Sicurezza. «Solo a Roma ci sono 90 stabili occupati illegalmente - ha detto Salvini - Abbiamo una scaletta di priorità in tutta Italia, e ora i sindaci e i prefetti potranno agire. Fino a ieri potevi sgomberare ma dovevi garantire all'occupante un alloggio. Mi occupo di tutti, in particolare di minori e disabili, ma per i furbetti non c'è spazio».

Il decreto approvato ieri, come fanno notare per esempio da Confedilizia, prevede comunque che siano «garantiti i livelli assistenziali agli aventi diritto dalle Regioni e dagli Enti locali», cioè alle «fragilità» di cui si è parlato anche negli ultimi mesi. Confedilizia lamenta anche il fatto che le procedure, a loro dire, «rimangono lunghe e farraginose, perché non basta una sentenza per procedere ma il decreto affida sempre la decisione sullo sgombero a una cabina di regia, di cui possono fare parte gli enti locali».
L. D. C.
Ste. P. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero