«Cartelloni elettorali con personaggi politici sempre più sorridenti. E a me che viene da chiedere: ma che...
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con personaggi politici
sempre più sorridenti. E a me che viene
da chiedere: ma che vi ridete?».
@MassimoInLov
Caro Massimo, ma ne vedi proprio tanti di faccioni sorridenti da campagna elettorale? Sì, qualcuno ce n’è. Ma per lo più, le lastre di ferro tipiche di ogni campagna elettorale, piantate sui marciapiedi, visibili quando uno sta fermo al semaforo, classicamente presenti più o meno da quando esiste la Repubblica come spazio principale delle propagande politiche, stavolta sono desolatamente vuote di manifesti di partito, di vota quella o vota questo, di faccioni di candidati, di promesse a vanvera. Non c’è più un euro, nelle casse della politica, che s’è mangiata tutto, per stampare un poster. La locandina o il santino sul web costa meno. E che peccato. Viene da rimpiangere la lotta politica cartacea. L’io strappo i tuoi manifesti e tu i miei, e nel caso ci scambiamo pure qualche sganassone. E si potevano pure, passando davanti alle sottili lastre di ferro, aggiungere un paio di baffi al nemico, un’aureola al faccione prediletto, un paio di corna o un vaffa. Umberto Saba, poeta comunista, dopo la sconfitta del ‘48, «porca» andava vociferando, «porca», davanti a uno di questi spazi elettorali. E ce l’aveva con la sorte che aveva fatto vincere lo Scudo Crociato. Ora, invece, questi spazi scrostati, arrugginiti, con al massimo qualche incomprensibile traccia mal cancellata di vecchi strappi di antiche campagne elettorali somigliano ad opere di Mimmo Rotella. Ma fatte male.
mario.ajello@ilmessaggero.it
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Il Messaggero