Scuola, il personale ATA scende in piazza per dire no al contratto nazionale

Scuola, il personale ATA scende in piazza per dire no al contratto nazionale
«Dopo anni di blocco delle retribuzioni ed enormi carichi di lavoro in più reagiremo con il blocco degli uffici di segreteria e con le dimissioni in bianco»....

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«Dopo anni di blocco delle retribuzioni ed enormi carichi di lavoro in più reagiremo con il blocco degli uffici di segreteria e con le dimissioni in bianco». È durissima la protesta del personale ATA e dei direttori SGA, totalmente insoddisfatti dal contratto collettivo del comparto scuola firmato un paio di settimane fa da ARAN, CGIL, CISL e UIL. Rappresentati da Anquap, l’Associazione Nazionale Quadri delle Amministrazioni Pubbliche, questa mattina si sono presentati a Viale Trastevere, di fronte al Ministero dell’Istruzione, per chiedere formalmente di riaprire la trattativa sul contratto, come peraltro già avvenuto nel 2008.


Le questioni aperte sono diverse: «Chiediamo un reintegro immediato di almeno 10.000 unità di personale amministrativo e tecnico – ho tuonato il presidente di Anquap, Giorgio Germani - chiediamo il superamento dei servizi esternalizzati di pulizia e sorveglianza con il recupero di 12.000 unità di collaboratori scolastici e pretendiamo che venga immediatamente bandito il concorso per DSGA per coprire i 1.500 posti oggi vacanti che diventeranno 2.200 dal 1° settembre 2018».

L’acquisizione dell’autonomia scolastica ha riversato sulle scuole, ed in particolare sugli uffici di segreteria, una mole enorme di attività amministrative riguardanti la gestione degli alunni, del personale e della contabilità senza alcun adeguato supporto degli uffici ministeriali centrali e periferici. Anquap non ci sta e, in caso di mancata ascolto delle proprie richieste, ventila la possibilità di azioni più pesanti: «Se le proposte avanzate non troveranno accoglienza da parte della politica, del sindacato e delle burocrazie ministeriali, ci vedremo costretti ad azioni sindacali che metteranno in difficoltà il funzionamento delle scuole».
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Il Messaggero