Stangate romane, l'Antitrust indaga sugli scontrini record di bar e ristoranti

Gli scontrini che a fine pasto lasciano ai commensali il sapore amaro della Stangata Capitale – esempio: 120 euro per quattro panini e quattro lattine in un caffè a...

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Gli scontrini che a fine pasto lasciano ai commensali il sapore amaro della Stangata Capitale – esempio: 120 euro per quattro panini e quattro lattine in un caffè a due passi da San Pietro – finiscono nel mirino dell’Antitrust. Per la prima volta, l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato ha deciso di accendere un faro sulle ricevute di bar e ristoranti che calcano la mano sui prezzi a Roma. A farne le spese, quasi sempre, sono i turisti in visita nell’Urbe. Stranieri ma anche italiani. Gli ultimi episodi li abbiamo raccontati sul Messaggero in queste settimane: dal conto da 429 euro a due giapponesi in un ristorante in zona Castel Sant’Angelo («abbiamo mangiato due piatti di spaghetti», hanno raccontato le turiste, con tanto di foto ricordo della ricevuta su Facebook) ai 119 euro annotati sullo scontrino portato a una famigliola pugliese in gita a Roma, in un bar sempre a due passi dal Vaticano, dopo avere consumato, nel dettaglio, tre hot dog e un panino prosciutto e formaggio, più 4 lattine di Coca Cola e un’acqua. Quasi venti euro (17,34) erano stati segnati dai camerieri solo per il «servizio». Proprio sulla scia di quest’ultima vicenda, che riguarda un locale in via della Conciliazione, ha deciso di muoversi l’Autorità. Una mossa che non ha precedenti e che fa prevedere un’attenzione particolare del Garante a un tema, quello degli scontrini da stangata, finora non analizzato e che potrebbe arricchirsi di nuovi approfondimenti. L’aneddotica del resto è varia: un piatto di pasta da 695 euro in un ristorante dietro piazza Navona, 81 euro per due hamburger e due caffè sempre nei paraggi del Cupolone, 204 euro per una portata di alette di pollo con patatine fritte, ancora una volta vicino al Vaticano.


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I controlli dell’Antitrust sono appena iniziati: è stata aperta una pre-istruttoria. L’obiettivo di chi indaga è verificare se ci siano state o meno violazioni al Codice del consumo. Quindi capire se il costo del “servizio” è stato calcolato correttamente, se sono state rispettate le regole sulla trasparenza, se ci sono state violazioni sull’«informazione preventiva» del prezzario e se il cliente è stato messo nelle condizioni di capire le tariffe senza furbesche zone d’ombra. Altrimenti potrebbero scattare sanzioni salate, fino a migliaia di euro, per le infrazioni più gravi e ripetute nel tempo.

«VIA LA LICENZA»
Nel caso di via della Conciliazione – il bar dei 120 euro per 4 panini, episodio del 2 novembre scorso – il direttore del locale ha detto fin da subito che i prezzi erano annotati sul menù. «Poi il caro o non caro – ha aggiunto – è una questione soggettiva». Ora l’Authority farà i suoi approfondimenti per capire se ci siano state carenze oppure no. Va detto che le associazioni di categoria degli stessi ristoratori, stando almeno alle dichiarazioni, vorrebbero mettere un freno a certi conti esorbitanti per pietanze tutt’altro che straordinarie: «Ci sembra giusto che oltre alla normale sanzione, scatti anche la sospensione della licenza nei confronti di chi beffa e truffa i clienti», dice Claudio Pica, presidente della Fiepet-Confesercenti. 

IL BOLLINO “ANTI-FRODE”

Anche il Campidoglio si sta muovendo per arginare una vecchia piaga del turismo romano. Per ridurre il rischio stangata o quantomeno mettere in guardia i visitatori. Come? Con un bollino “anti-frode”, che certifichi la corrispondenza tra l’offerta culinaria e i prezzi del menù. «Vicende di questo tipo sono un danno d’immagine per Roma – è convinto l’assessore alle Attività produttive del Comune, Carlo Cafarotti - Essere vicini ai siti d’interesse non legittima costi irragionevoli. Questi conti salatissimi non li pagano solo i malcapitati turisti, ma l’intera città». L’idea allora è «dar vita a un marchio a garanzia dei prodotti “Made in Roma”, come pure delle attività ricettive che abbiano un rapporto onesto qualità-prezzo». I tempi però, come spesso accade, sono quelli della burocrazia capitolina, quindi lenti. La decisione, spiegano dal Campidoglio, è presa: gli uffici si sono già messi al lavoro. Ma il bollino non partirà prima del secondo trimestre del 2020, sperando che non vengano fuori altri intoppi, magari sulla spinta di ricorsi e contro-ricorsi di chi non vuole troppe briglie ai prezzi. Nel frattempo, ai turisti non resta che chiedere sempre (e studiare con cura) il menù.
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Il Messaggero