Sarahah e quell'esercito (malato) di fan degli insulti anonimi

Sarahah e quell'esercito (malato) di fan degli insulti anonimi
Panchina davanti ad un bar di Trastevere, due ragazzi smanettano sul loro smartphone. «Hai visto cosa mi hanno scritto?», dice uno all’amico, mostrandogli fiero...

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Panchina davanti ad un bar di Trastevere, due ragazzi smanettano sul loro smartphone. «Hai visto cosa mi hanno scritto?», dice uno all’amico, mostrandogli fiero un messaggio appena ricevuto: «Mi dicono che sono tirchio e che non ho i soldi per andare a cena fuori». L’amico non si scompone: «A me ne hanno mandati 8 così stamattina. Hanno pure scritto che sono gay. Ah, e poi che rubavo a scuola dagli zaini dei compagni». Benvenuti nel magico mondo di Sarahah, la nuova app che rende cool persino gli insulti, rigorosamente in forma anonima. Basta crearsi un profilo e chiunque sarà libero di inviare un messaggio contenente, il più delle volte, frasi offensive: è felice chi ha partorito l’insulto, in questo sfogatoio per vigliacchi, ma è paradossalmente felice pure chi si è sentito considerato (anche se solo nel male).


E così ecco piovere, da diversi giorni, un numero imprecisato di offese di ogni genere (e c’è pure qualche maniaco dell’ego che si autoinvia degli assai poco credibili apprezzamenti) in questo delirio narcisistico di persone bisognose di attenzioni. Chi partecipa a questa gogna virtuale intrisa di masochismo, ignora quanti adolescenti abbiano deciso di togliersi la vita per essere stati presi in giro su “Ask.fm”, altro social dove anonimi potevano scrivere commenti senza che nessuno ponesse un freno a questa violenza telematica. Il cyberbullismo non è un gioco e il web non è una terra di nessuno dove potersi dimenticare della nostra umanità. E questo la Polizia postale lo sa bene, come sa anche che l’anonimato non è mai reale e basta una denuncia, talvolta doverosa, per mettere il bulletto di turno con le spalle al muro.

marco.pasqua@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero