Panchina davanti ad un bar di Trastevere, due ragazzi smanettano sul loro smartphone. «Hai visto cosa mi hanno scritto?», dice uno all’amico, mostrandogli fiero...
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E così ecco piovere, da diversi giorni, un numero imprecisato di offese di ogni genere (e c’è pure qualche maniaco dell’ego che si autoinvia degli assai poco credibili apprezzamenti) in questo delirio narcisistico di persone bisognose di attenzioni. Chi partecipa a questa gogna virtuale intrisa di masochismo, ignora quanti adolescenti abbiano deciso di togliersi la vita per essere stati presi in giro su “Ask.fm”, altro social dove anonimi potevano scrivere commenti senza che nessuno ponesse un freno a questa violenza telematica. Il cyberbullismo non è un gioco e il web non è una terra di nessuno dove potersi dimenticare della nostra umanità. E questo la Polizia postale lo sa bene, come sa anche che l’anonimato non è mai reale e basta una denuncia, talvolta doverosa, per mettere il bulletto di turno con le spalle al muro.
marco.pasqua@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero