ROMA «È stato bruttissimo». Fatia Haser vorrebbe che i suoi bambini non ricordassero niente di questa mattina. Piangevano mentre tutte quelle persone urlavano....
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Cosa è successo?
«Eravamo molto contenti di vedere la casa che ci avevano dato, l’aspettavamo da tanto. Ero emozionata di andare lì. Non avevamo portato nulla, volevamo solo controllare le camere e poi decidere cosa ci serviva. Dovevamo tornare poi con tutta la roba, le valigie e i pacchi. Ma quando siamo arrivati davanti al portone quella gente si è messa a urlare. Erano così arrabbiati e all’inizio non capivo cosa volevano da noi. Che avevamo fatto di male? Andavamo a vedere casa nostra».
Cosa dicevano?
«Dicevano: voi siete stranieri e non avete diritto a entrare in questo palazzo. Qui possono entrare solo gli italiani, gli stranieri qui non li vogliamo. Dovete andare via, tornate nel vostro paese. Ci dicevano: siete brutti. E mia figlia di cinque anni che è nata a Roma, va a scuola e capisce benissimo si è messa a piangere. Mi ha chiesto: mamma, perché ci dicono che siamo brutti? Mi sono messa a piangere anche io e con me gli altri due bambini».
Qualcuno vi ha minacciato?
«C’era una signora che urlava più delle altre. Si avvicinava a me, mi voleva toccare. Si sono messi in mezzo i vigili e l’hanno fermata. Quella signora mi ha fatto paura, ho pensato che voleva picchiarmi. Anche i bambini si sono tanti spaventati. Mi dispiace per loro, non dovevo portarli ma come potevo sapere che succedeva questo casino».
Da quanto tempo siete in Italia?
«Da quindici anni circa, prima simo stati in Spagna. Io non lavoro perché ho i bambini, mio marito fa l’operaio. Viviamo con quasi mille euro al mese in cinque. Eravamo così felici di questa casa».
Non volete più tornarci?
«No, io non ci torno. Quel posto è pericoloso. Come possiamo tornare in un posto dove ci hanno detto che siamo brutti. Ho paura per i miei bambini, quelli ci odiano. E ho paura anche per me e mio marito. Ci hanno cacciato, una diceva anche che restavano lì davanti alla porta a controllare che noi non entravamo. Se ci hanno detto che siamo negri? Anche se non l’hanno detto a quello pensavano. E poi noi non siamo negri».
Da quanto eravate in attesa della casa popolare?
«Cinque anni, avevamo diritto a quella casa. Viviamo da mio cognato, ma non c’è spazio. Pensavamo che era una cosa tranquilla e invece no. A noi non interessa andare alla guerra, lì non ci torniamo. Ho bisogno di una casa ma non in mezzo a quella gente».
Vi è mai successo di essere stati vittima di episodi di razzismo a Roma?
«No, fino ad ora mai. Da tanti anni stiamo in Italia e nessuno ci aveva detto che siamo brutti e ce ne dobbamo tornare nel nostro paese».
La sindaca Raggi ha detto che vi incontrerà, in Campidoglio si darà da fare per trovarvi una nuova casa.
«Questa cosa ci fa contenti, speriamo che finisce bene. Voglio solo che i miei figli dimenticano questo giorno bruttissimo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero