«Se ce lo chiedono, noi ci siamo: la città ha bisogno di una cura quotidiana». D’altronde, continua Matteo Salvini, sempre più in marcia sul...
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Roma, al Colosseo spunta lo striscione: “Bye Bye Raggi”. E il movimento di esponenti anonimi si dà appuntamento il 12 maggio
Come dire: caro Matteo, il tuo partito può anche ambire al Comune, ma tanto la faccenda non è nell’ordine del giorno, quindi fai con calma. Per una volta la baruffa prende una piega molto scanzonata. I pentastellati vanno all’assalto del «Capitano» prendendolo per la gola. O meglio: pubblicano foto di Salvini mentre mangia un panino o beve del vino. Immagini accompagnate da tweet in dialetto dell’Urbe. Sicché il capogruppo a 5 Stelle in Campidoglio Giuliano Pacetti replica alle presunte richieste dei cittadini di avere un sindaco della Lega così: «Matte’ ma che ce sei cascato? Se vede che nun conosci i romani. Te stavamo a cojonà. Nun t’ha chiamato nessuno». Ecco poi Enrico Stefano, presidente del consiglio comunale: «A Matte’ non sei riuscito manco a fa er sindaco a Milano. Figurati a Roma». La replica dei parlamentari leghisti è senza appello: «La città è umiliata dall’inadeguatezza di Raggi e della sua giunta», dice la parlamentare Barbara Saltamartini, salviniana della primissima ora. Ormai però in rete è partito l’hashtag #MatteMagnaSereno.
Fin qui lo screzio di giornata, una consuetudine. Dietro le quinte però c’è dell’altro. In questi giorni stanno rimbalzando tra gli uffici legislativi del Campidoglio e quelli del governo le bozze del testo che contiene “i poteri per Roma”, inseriti nel contratto gialloverde. La pratica, una delle tante promesse dell’esecutivo che ancora deve vedere la luce, sta subendo una forte accelerazione. Nei piani del M5S, sempre in ottica Europee, la prima parte del dossier dovrebbe iniziare a «camminare» prima del 26 maggio. Palazzo Chigi, su pressing dei vertici pentastellati, sta pensando a uno spacchettamento dei poteri per Roma in due fasi.
La prima, più semplice, consiste nella scrittura di norme che serviranno a semplificare la complicata macchina amministrativa del Comune. Soprattutto per quanto riguarda le competenze. La seconda fase, destinata a rimanere più sullo sfondo, riguarda la richiesta di maggiori fondi. Una pratica, quest’ultima, complicata da gestire, viste le polemiche per la norma sul debito storico di Roma inserita nel decreto crescita e subito osteggiata da Matteo Salvini. L’attivismo di Luigi Di Maio sul fronte dei «poteri per Raggi» si scontra però con la rabbia della Lega per la riforma delle Autonomie differenziate che non riesce ancora a vedere la luce. E dunque in questo gioco di veti incrociati il Carroccio sarebbe pronto a non mettersi di traverso sulle maggiori competenze per il Campidoglio, in cambio del via libera alla pre-intesa in Consiglio dei ministri sull’autonomia di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Una partita a scacchi, l’ennesima. Con Raggi pronta a fare asse con il Pd di Nicola Zingaretti (che è anche governatore del Lazio) per condividere il più possibile la riforma della governance capitolina.
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Il Messaggero