Un occhio alle mosse dell'opposizione e uno al calendario (elettorale). Obiettivo: tirare fuori il Salva-Roma dal tritacarne delle beghe da comizio. Il M5S è deciso a...
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La fase è delicata. E i grillini sono tentati di non presentare subito emendamenti a questo passaggio del Dl Crescita finito nel mirino di Salvini. La scadenza per le proposte di modifica, in Commissione Bilancio, è mercoledì, ore 18. Dopodomani. «Ma non dovrebbero esserci emendamenti del M5S, vedremo quelli dell'opposizione e aspetteremo che si arrivi alla conta in Aula, dopo le europee; il governo e i relatori possono intervenire fino all'ultimo», spiega un esponente del governo di segno stellato. Ragiona un altro parlamentare grillino: «Mettere ai voti un nostro testo prima delle elezioni, in Commissione, sarebbe pericoloso per la riuscita dell'operazione». Meglio rimandare la pratica a dopo le urne, quando il clima tra alleati di governo, sperano gli stellati, si dovrebbe svelenire.
L'opposizione, invece, di emendamenti ne presenterà, eccome. Anche per sanare il passaggio monco uscito dal Consiglio dei ministri. Due commi appena, gli unici superstiti, che rischierebbero di peggiorare le cose. Perché in sostanza chiudono, dal 2022, la bad company di Roma Capitale (la gestione commissariale istituita nel 2008) e spostano tutto il fardello del debito sulle spalle gracili del Campidoglio, anziché sullo Stato, come previsto inizialmente. «Così Roma rischia il default», hanno avvertito sia la giunta di Virginia Raggi che il commissario del debito in carica.
LE CONVERGENZE
Mentre la maggioranza si accapiglia, l'opposizione si compatta. Tanto che qualcuno, nel M5S, pallottoliere alla mano, ipotizza che la strana convergenza possa avere i numeri per mandare in porto l'operazione. Anche senza il Carroccio. Certo lo strappo sarebbe molto rischioso, creerebbe un precedente. «Ma magari, se la Lega si astenesse, anziché votare contro...».
I Fratelli d'Italia presenteranno emendamenti. Spiega la leader Giorgia Meloni: «Faremo di tutto per migliorare questo provvedimento, Roma non ha bisogno di essere salvata ma di essere riconosciuta come Capitale, mentre oggi è solo un titolo nella nostra Costituzione. Chiederemo risorse e poteri adeguati». Anche Forza Italia studia le mosse. Berlusconi ha detto che «Salvini sbaglia» e che Roma «va aiutata», perché «è la Capitale di tutti». «Intervenire sul debito è indispensabile - spiega Annagrazia Calabria, deputata romana di Fi - Poi bisogna attuare la legge del 2009, governo Berlusconi, per trasferirle ulteriori funzioni».
Sul fronte Pd, l'ala renziana, a partire da Giachetti, si è posizionata per il sì. Il segretario Nicola Zingaretti, nelle ultime ore, ha aperto: «Vedremo il testo in Parlamento, senza alcuna preclusione». Al Nazareno spiegano che gli aiuti a Roma erano già stati studiati dai governi di centrosinistra. E ora il Pd punta a inserire un comma che preveda la progressiva riduzione del carico fiscale per i romani, «già tartassati», con l'Irpef più alta d'Italia. L'ex ministro Marianna Madia, su queste colonne, ieri aveva bocciato la scelta di creare la bad company nel 2008, «operazione molto spregiudicata, il debito venne gonfiato», ha sostenuto.
Accusa rispedita al mittente dall'ex sindaco Gianni Alemanno: «La sinistra su questo punto dovrebbe solo star zitta: il debito è stato certificato dal Mef e dalla Corte dei conti, non c'è alcun dubbio su questo. Senza l'intervento del governo nel 2008 il Comune di Roma sarebbe fallito». È preoccupato, Alemanno: «Con l'attuale versione del Salva Roma, questo rischio torna a essere molto concreto. Sarebbe un danno enorme non solo per Roma, ma per tutta l'Italia». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero