A 75 anni dal rastrellamento degli ebrei a Roma: quel sabato al ghetto da non dimenticare

Cari ragazze e cari ragazzi, vi scrivo dalle pagine del Messaggero. Scrivo perché oggi la nostra città vuole fortemente ricordare un evento. Un evento che ha segnato...

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Cari ragazze e cari ragazzi, vi scrivo dalle pagine del Messaggero. Scrivo perché oggi la nostra città vuole fortemente ricordare un evento. Un evento che ha segnato la storia della nostra comunità e dell’Italia tutta. Un evento che abbiamo il dovere di conoscere e tramandare. Spesso razzismo e intolleranza sono causate dalla mancanza di conoscenza, dalla tendenza a dare tutto per scontato che può, però, trasformarsi in indifferenza o addirittura in assuefazione al male. Per questo dobbiamo sapere cosa è accaduto 75 anni fa.

 

E’ il 16 ottobre del 1943, il sabato nero del ghetto di Roma. Alle 5.30 del mattino, i nazisti bussano alle porte, con un ordine ben preciso per tutti gli ebrei: “Portate con voi del cibo per otto giorni, soldi e oggetti preziosi. Vengano anche i malati, c’è un’infermeria nel campo dove vi porteremo”. I tedeschi bussano, e se non ricevono risposta buttano giù le porte. Uomini, donne, anziani e persino neonati vengono caricati con forza su lunghi camion grigi, verso una destinazione sconosciuta. Oltre duecento SS si irradiano nelle ventisei zone in cui la città è divisa per la cattura. L’azione è capillare: nessun ebreo deve sfuggire alla deportazione. L’epicentro di tutta l’operazione è il Portico d’Ottavia, ma nessun quartiere viene risparmiato.

In poche ore vengono arrestate 1024 persone, di cui 200 bambini. Ragazzi come voi, quella mattina, vengono privati per sempre della loro libertà. Alle 14.00 l’operazione è terminata. Il 22 ottobre il convoglio composto da 18 carri bestiame arriva ad Auschwitz.
Ognuno di noi ha il dovere di ricordare e di tramandare ciò che è stato. “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”: sono parole di Primo Levi che devono essere sempre un monito. Dobbiamo essere consapevoli dell’orrore che l’odio umano è in grado di generare, restando accorti, vigili. Bisogna ascoltare gli ormai pochi sopravvissuti rimasti, e tramandare ciò che apprendiamo, per conservare il ricordo di ieri e fronteggiare le esigenze di domani combattendo ogni forma di odio, razzismo e xenofobia
.
Per questo invito tutti voi a partecipare il prossimo 21 ottobre alle 18.30 alla “Marcia silenziosa”, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Comunità Ebraica di Roma in memoria della deportazione degli ebrei della città. Partiremo da piazza Santa Maria in Trastevere e marceremo insieme a tutte le persone che non vogliono che questa pagina triste della nostra storia venga dimenticata.


Ringrazio il direttore Virman Cusenza per lo spazio su queste pagine. Conoscere è sì necessario, perché ancora oggi all’ombra del male che c’è stato, violenza razziale e negazionismo minano minacciosamente i principi e i valori violati nel corso di quella barbarie. La storia deve essere appresa, insegnata, tramandata: perché è dalla storia che impariamo ad onorare la memoria.

*Sindaco di Roma Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero