Roma, vende laurea a un centesimo web impazzito per un cameriere 26enne

Giorgio Tedone (foto Il Messaggero)
ROMA - Giorgio ha scattato con gli occhi una fotografia, un’istantanea nella quale ha condensato la tenerezza di chi, bambino, crede alle promesse degli adulti. In quel...

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ROMA - Giorgio ha scattato con gli occhi una fotografia, un’istantanea nella quale ha condensato la tenerezza di chi, bambino, crede alle promesse degli adulti. In quel frammento c’era un ragazzo vestito bene che stringe a se un libro blu, sopra la scritta: laurea. Giorgio, romano, figlio di un operaio e di una casalinga, aveva imparato che cambiare si può. Una vita si annida, cresce, poi trova l’uscita. Cambiare si può: morsicando, piano piano con fatica, studio e lavoro, la torta a più strati della società, fino a scalare qualche livello e a sovvertire la saggezza poco luretana di chi pensa che è impossibile nascere in periferia e conquistare un posto al centro della società.




L’OFFERTA

«Vendesi causa mancato utilizzo laurea in Scienze politiche».
Giorgio Tedone, 26 anni, ha digitato quelle parole sulla tastiera del pc di una casa fredda di Torino dove si è trasferito dopo aver vinto una borsa di studio. «Indosso sempre un maglione perché – racconta – ho rinunciato ai riscaldamenti per risparmiare». Ha inserito un annuncio su eBay, poi sui Bakeka.romana, ha pubblicato la foto della laurea presa alla Sapienza e l’ha messa all’asta a partire da un centesimo. «Quando eravamo piccoli - ha scritto - ci avete insegnato a inseguire questo sogno e adesso che facciamo finta di essere grandi anche noi ve lo vendiamo». L’annuncio ha iniziato a circolare su Facebook e su Twitter raccogliendo centinaia di condivisioni e solidarietà da chi digita con l’hashtag #senzafuturo. «Una #laurea in tasca e non sapere da dove iniziare ho bisogno di #coraggio #help», scrive Mariangela.



Giorgio ogni mattina esce in strada in quella città dove le Alpi hanno preso il posto del Colosseo e il suo respiro si condensa in nuvole di speranza mentre raggiunge l’ufficio per quel lavoro non retribuito che oggi chiamano stage. «Vendo la laurea per provocazione – scrive sull’annuncio - per ricordarci che da piccoli i giorni passati a sentirsi raccontare favole erano più interessanti perché il giorno dopo ne arrivava sempre una nuova». Poi la descrizione: «La pergamena finemente decorata può essere arrotolata per costruire un binocolo con cui guardare le stelle nelle notti in cui noi facciamo i camerieri, o di giorno mentre fate visita nei negozi in cui lavoriamo come commessi».



Giorgio a pochi esami dalla laurea si è trasferito a Londra per un anno per un master. «Lavoravo come cameriere – si corregge e sorride – anzi prima di arrivare ai tavoli pulivo i bagni». La fatica non lo ha mai spaventato, neanche quando, a 16 anni, ha indossato la tuta blu per entrare d’estate in una fabbrica e guadagnare per continuare a sognare di studiare. Lavoro a nero ovviamente. «A Roma ho fatto l’attacchino, volantinaggio, il contabile per i condomini, poi dopo Londra la scorsa estate mi sono laureato, ho vinto una borsa di studio a Torino e da sei mesi lavoro in un’agenzia di comunicazione». Sospira, si ferma e aggiunge: «Il 23 mi scade il contratto. Dopo? Non lo so proprio».



VITA DI SACRIFICI

Il neo laureato si mantiene facendo il cameriere e racconta con un po’ di rabbia: «All’università dovrebbero insegnarci un lavoro vero, non solo teoria che potevo apprendere semplicemente leggendo libri in casa». Ha imparato a risparmiare e a campare con poco: in tasca ha 12,50 euro. «Scelgo i discount per la spesa, niente abiti firmati ma grandi magazzini, non esco la sera e se qualche volta vado a un pub compro prima la birra al supermercato».



Una vita di sacrifici come tanti altri neolaureati, che non spaventa affatto il grintoso Giorgio, dottore in fuga da false speranze e dal senso di sconfitta. E’ un laureato in fuga ma non è un fuggitivo: «Dove mi vedo tra due anni? Voglio continuare l’esperienza all’estero, ma dopo tornerò in Italia: voglio migliorare il mio Paese, non fuggire e poi ho il mio fratellino, non voglio lasciarlo». Nelle speranze di Giorgio «una start-up, basta un pc, internet e tanta voglia di farcela».



laura.bogliolo@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero