Roma, 13enne ucciso dal vaso: inchiesta sul condominio

Il vaso che uccise Cristian Giacomini
Rischia di chiudersi con un terzo indagato l'inchiesta sulla morte di Cristian Giacomini, il 13enne ucciso da un vaso caduto da un palazzo di via Appia mentre, una sera...

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Rischia di chiudersi con un terzo indagato l'inchiesta sulla morte di Cristian Giacomini, il 13enne ucciso da un vaso caduto da un palazzo di via Appia mentre, una sera neanche troppo ventosa del settembre 2012, passeggiava accanto alla mamma e al fratellino. Il gip del tribunale di Roma ha respinto la richiesta di archiviazione per l'amministratore del condominio dal quale è volata la pianta grassa ed ha rispedito gli atti alla procura chiedendo un supplemento di indagini. Si aprirà a gennaio invece l'udienza preliminare a carico dei proprietari della piantina, Roberto Cascioli e Maria Grazia Capizzi, una coppia di sessantenni, accusati di omicidio colposo. Violando il regolamento comunale, ma anche quello condominiale, non avrebbero ancorato i vasi al balcone, causando, per negligenza, la morte dell'adolescente.




IL REGOLAMENTO

A rischio ora anche la posizione dell'amministratore del condominio, che potrebbe ritrovarsi accusato di concorso in omicidio colposo per omissione. Per il magistrato titolare dell'inchiesta, il pm Giuseppe Cascini, il responsabile del condominio di via Appia 199 sarebbe dovuto uscire dall'inchiesta ma la proposta di archiviazione è stata bocciata dal gip che evidentemente vuole accertare meglio se il tecnico abbia fatto il possibile per prevenire la tragedia. Il giudice vuole assicurarsi insomma che l'amministratore abbia sollecitato o meno gli inquilini a rispettare il regolamento interno, tanto più che poche settimane prima della disgrazia avrebbe visionato il balcone dei coniugi Cascioli coi vasi in vista e in bilico al sesto piano.



Un'inchiesta delicata quella del pm Cascini. Due le famigli distrutte. Da un lato il dolore della famiglia di Cristian, dall'altro il rimorso che divora i proprietari del vaso. «Non c'era vento quel giorno e il nostro gatto era chiuso dentro una stanza. Noi eravamo fuori casa, non riusciamo a comprendere come sia potuto volare giù il vaso», aveva spiegato agli inquirenti il signor Cascioli. Scartata la prima ipotesi che a smuovere il vaso sia stato un gatto, è caduta pure quella che potessero essere stati i clienti dello studio dentistico confinante. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero