La doppia vita delle colf filippine, sgominata banda di usuraie: in casa nascondevano un milione

La doppia vita delle colf filippine, sgominata banda di usuraie: in casa nascondevano un milione
Concedevano microcrediti a tutte le ore e, in compenso, pretendevano tassi usurai tra i 60 e i 180 per cento annui. Scoperta in centro una banda di colf e badanti filippine con il...

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Concedevano microcrediti a tutte le ore e, in compenso, pretendevano tassi usurai tra i 60 e i 180 per cento annui. Scoperta in centro una banda di colf e badanti filippine con il dopolavoro da strozzine. Per la più nota, detta «Gigì», all'anagrafe Gloria Iglesia Ramilo, di professione ufficiale portiera in un condominio a un passo da via di Ripetta, ora la procura di Roma ha chiesto il processo, insieme ad altre cinque colleghe (come lei filippine e usuraie), che al pari suo in cambio di piccoli prestiti chiedevano interessi da stangata e persino scritture private in cui si facevano cedere terreni e case oltreoceano.


A far scoprire il giro una vittima che per saldare i conti con Gigì si è ritrovata nelle grinfie di altre speculatrici. «Ti servono soldi? Bene. I patti sono questi. Per 2.500 euro al mese devi restuire la somma per intero e in attesa della restituzione dovrai versare 125 euro al mese». Il risultato, alla malcapitata il prestito, tra attivazione del servizio, interessi e saldo è costato più di 5.000 euro. Le vittime più ricorrenti altre colf e badanti, ma anche qualche italiano al verde.



CONTI DORATI

La vera sorpresa però i carabinieri della compagnia Casilina, l'hanno avuta quando, su ordine della procura, hanno perquisito le abitazioni delle sospette usuraie. Iglesia Ramilo aveva messo al sicuro un tesoretto di un milione di euro. La portiera filippina infatti aveva in casa documentazione bancaria relativa a quote di Fondi di Investimento, un libretto Bnl con 350.000 euro, un altro conto con 512.000 euro, oltre a titoli di deposito con la Rural Bank of Geroma sempre dorati. «Con riferimento a queste risultanze», era stata la conclusione dei magistrati, «deve rivelarsi come le notevoli disponibilità economiche e finanziarie su conti e depositi intestate alla Ramilo, se comparate alla sua capacità di reddito - stante il lavoro svolto di portierato nei condomini - sono elementi certo sintomatici dell'attività illecita dell'indagata, in particolare dell'esercizio del credito e dell'usura».

L'altro elemento a carico di «Gigì» è una prova schiacciante: in casa aveva anche fotocopie di documenti di identità e permessi di soggiorno di persone (sempre di nazionalità filippina) «recanti l'annotazione di ricevimento o dazione di prestiti e denaro e, il più delle volte, dell'impiego alla restituzione delle somme e anche delle sottoscrizioni degli interessati». Ad una vittima in particolare aveva fatto firmare una scrittura privata con la quale si impegnava a trasferirle la proprietà di un appartamento nelle Filippine nel caso in cui non fosse riuscita a restituire il prestito. Prestiti che venivano chiesti magari per pagare una bolletta scaduta, o un affitto arretrato.



LE MINACCE


All'occorenza le colf-strozzine arrivavano anche a minacciare le clienti. In una intercettazione si sente un'indagata alzare la voce: «Una vita costa poco. Posso fare del male alla tua famiglia nelle Filippine». Gigì e le altre prestavano soldi e taglieggiavano le vittime e mese dopo mese aumentavano il gruzzolo in banca. Ora rischiano il processo e peggio ancora di restare a mani vuote. I tesoretti sono stati sequestrati. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero