Roma, il corpo di un uomo in una valigia a Pietralata. Autista sotto choc: «Sembrava un manichino»

Una valigia chiusa con lo scotch, lembi di un sacco nero che sporgono e del sangue. «Mi ha colpito subito, ma inizialmente non ho capito di cosa si trattasse. Pensavo ad un...

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Una valigia chiusa con lo scotch, lembi di un sacco nero che sporgono e del sangue. «Mi ha colpito subito, ma inizialmente non ho capito di cosa si trattasse. Pensavo ad un manichino o ad una bambola», racconta l’autista della linea 111 dell’Atac che per primo ha trovato il corpo di Luca De Maglie, morto lunedì sera in seguito ad una overdose da inalazione di crack e oppiacei, chiuso nel trolley dalla compagna Alma Reale che poi se n’è disfatta nella notte tra venerdì e sabato. «Sono arrivato in piazza Federico Sacco (capolinea della linea 111) con un po’ di anticipo sul turno, verso alle 4,45, e sono stato colpito da quella che poi ho capito essere una valigia.

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Era deformata e non si distingueva bene, allora ho fatto un paio di giri con l’autobus intorno alla piazza per cercare di capire meglio. Mi sono fermato proprio lì vicino e solo allora, guardando con più attenzione e aiutato dalla luce del mattino, mi sono accorto che dentro c’era un cadavere. Spuntava quella che sembrava una testa e un braccio. Non si vedeva bene perché era avvolto in una sorta di tenda ma il sangue l’ho visto e allora ho chiamato immediatamente la polizia» ha riferito agli agenti che lo hanno interrogato, il trentacinquenne autista della circolare Pietralata residente fuori Roma. Insieme a lui il collega che doveva dargli il cambio del turno.

DEGRADO E DISPERAZIONE

Una storia di degrado e disperazione che ha choccato i residenti di quella zona di Roma Est conosciuta anche come Monte del Pecoraro. Lì dove Pier Paolo Pasolini ha ambientato parte del suo «Ragazzi di vita». Al posto di Riccetto e Lenzetta ci sono ragazzi tatuati dallo sguardo diffidente, altri che hanno gli occhi svuotati dall’eroina. Quella che arriva dal mercato dei nordafricani al Tiburtino. Qualcuno fa le ronde, altri controllano da lontano. Due palazzoni fanno da spalle a via Stefanini, lì dove fino al 2019 sorgeva il mercato di Pietralata. Ora i banchi non coprono più la visuale e in tanti sono affacciati al balcone, altri invece, in maniera più discreta, sbirciano da dietro la finestra chiusa. Non si parla d’altro nei due bar uno di fronte all’altro dove tutto il quartiere si ritrova: «Io l’ho vista qualche giorno fa mi sembra martedì o mercoledì» prova a ricordare Silvana mentre è seduta in un dei tavolini. Alma, la compagna di Luca, la conoscevano in tanti. Piccolina, di corporatura esile, capelli corti e rossastri. «Da sola non ce l’avrebbe mai fatta a trascinare quella valigia» racconta un ragazzo in canottiera e pantaloncini, tatuaggi inequivocabili e un pitbull grigio al guinzaglio.

E gli agenti stanno proprio cercando di capire se qualche complice l’ha aiutata. Una lunga scia di sangue che corre per oltre 200 metri, le rotelle del trolley che cedono sotto il peso dei 90 kg di Luca e la decisione di abbandonarlo poco più in là, sulla piazza accanto ad una macchina. «L’avevo visto la scorsa settimana, è entrato qui con il suo cane, una specie di pitbull marroncino» ci racconta la proprietaria della tabaccheria al civico 50. «Lei veniva spesso, comprava sempre il tabacco e pagava le bollette. Si vedeva che entrambi facevano uso di droghe, ma non li ho mai visti litigare». Eppure in tanti nel palazzo di cinque piani in via Luigi Bellardi 12, di proprietà dell’Ater, raccontano di liti tra i due. L’ultima ricorda Andrea Ciccarella, vicino di casa della coRppia, «è stata tre settimane fa: ci ha suonato intono alle tre chiedendoci di chiamare la polizia perché lei gli stava buttando tutti i panni dalla finestra per cacciarlo».

In quella casa, Luca, non era l’unico a dormire «salivano spesso altri uomini, probabilmente fumavano e si drogavano» ci dice un altro inquilino. Diversi, intorno alle prime ore del mattino, hanno sentito del trambusto sulle scale sicuramente prodotto dalla valigia trascinata. «Io sono uscita presto per andare al lavoro - racconta Simona, 50 anni - e mi ha colpito un puzzo rancido. Sono andata a vedere nelle cantine ma non ho visto nulla e allora ho pensato che fosse scolatura dell’immondizia». Era l’odore del cadavere di Luca ormai in putrefazione.
 

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Il Messaggero