Zhang Yao è sola, ha ancora la borsa a tracolla, quando le telecamere del sistema di sorveglianza esterna la inquadrano mentre lascia la sede dell'Ufficio Immigrazione...
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La polizia sta scandagliando anche le immagini delle telecamere di sicurezza dei negozi più vicini alla zona, a Tor Cervara, che è comunque isolata e costellata dalle baraccopoli del campo rom di via Salviati. Ma finora zero tracce. La Procura ha aperto un fascicolo per rapina e sequestro di persona.
LE TESTIMONIANZE
Che fine ha fatto Zhang Yao? Qualcuno l'ha aggredita, le ha fatto del male e poi l'ha fatta sparire, oppure è stato un rapimento in piena regola? Di quelli non così insoliti all'interno delle comunità cinesi, spesso chiuse e autosufficienti, abituate a regolare i conti secondo i propri codici? Di sicuro c'è che mercoledì una cinquantina di agenti hanno controllato palmo a palmo l'area dei campi attorno al palazzo dell'Immigrazione; passando al setaccio e perquisendo anche gli accampamenti abitati dai rom. Ma della ragazza, che vestiva un cappottino nero, maglione verde e pantaloni scuri, non è stata trovata alcuna traccia. Pare, inoltre, che la studentessa dell'Accademia delle Belle Arti, al primo anno di Moda e fashion design, nella Capitale non avesse parenti o legami, nemmeno sentimentali. Niente, insomma, che lasci pensare a un avvertimento, a un messaggio da indirizzare a qualcuno tramite una sua sparizione-lampo. Ma nulla è escluso.
La famiglia di Yao vive a Hohhot, cittadina di poco meno di trentamila abitanti della Mongolia interna. Il papà è un commerciante, non ricco, ma benestante. Tanto da potere permettere alla figlia di proseguire gli studi all'estero. Il suo arrivo a Roma (la mamma ancora non sa nulla) è previsto per questa sera. L'Ambasciata cinese di via Bruxelles si è messa a disposizione della famiglia e il console in questi giorni è in continuo contatto con la polizia.
LA PAURA
Yao parla poco l'italiano, sebbene fosse arrivata a febbraio per seguire un corso di lingua certificato prima di iniziare a seguire i corsi all'Accademia di via di Ripetta a settembre. Divideva un appartamento in via dei Salesiani, al quartiere Don Bosco, insieme a due amiche. Un condominio di tre palazzi alti 8 piani in cui nessuno sembra ricordarsi di lei: «Abita qui la studentessa cinese scomparsa?», dice una donna. «Neanche lo sapevo, ce ne sono tanti di cinesi in questi palazzi». Un signore cinese e il figlio tirano dritto: «Non sappiamo nulla». Anche tra queste mura Zhang Yao è come un fantasma.
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Il Messaggero