Un arresto riscrive la sparatoria davanti al club Room 26 che la notte del 25 febbraio 2017 fece contare il ferimento di quattro clienti. Non è stato Luca Freré, il...
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LA PERIZIA
Il gip Massimo di Lauro che ha firmato la misura cautelare agli arresti domiciliari non ha ritenuto però di dover avallare anche l'ipotesi di reato di tentato omicidio avanzata dal pm Attilio Pisani. Per il giudice il buttafuori in servizio potrebbe aver agito per legittima difesa. Solo a conclusione di una perizia balistica sui bossoli il pm Pisani, titolare dell'indagine, è riuscito a ricostruire chi avesse sparato colpendo per errore i clienti. Un colpo aveva centrato il fondoschiena proprio di Frerè. Per l'accusa, che mantiene l'iscrizione nel registro degli indagati per tentato omicidio del vigilantes, i colpi sarebbero stati esplosi alle spalle, quindi quando il cliente violento e armato era in fuga e non per rispondere a un pericolo incombente: di qui la ricostruzione che scagiona parzialmente Frerè.
La posizione di altri quattro vigilantes di turno, accusati di lesioni, intanto è stata archiviata. In un primo momento erano stati ritenuti autori del pestaggio al cliente. Frerè, subito dopo la turbolenta notte arrestato per tentato omicidio, aveva sostenuto di aver preso la pistola perché voleva vendicarsi «dopo essere stato cacciato dal locale», precisando sin da subito, però, che non era stato lui a sparare tutti i colpi, «Sono io la vittima. Mi hanno picchiato e poi ferito». Dalla ricostruzione, sarebbe emerso come Luca Frerè avesse detto più di qualche parola fuori posto nel privé del locale, tenendo atteggiamenti provocatori. Non aveva infastidito un cliente in particolare, ma con atteggiamenti irritanti disturbava chi ballava o prendeva un drink. La vicenda giudiziaria ha escluso, comunque, responsabilità del gestore del locale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero