Caso Capitale, la solitudine del sindaco in assenza di una svolta

Caso Capitale, la solitudine del sindaco in assenza di una svolta
Una solitudine che pregiudica la possibilità di una svolta. È quella in cui Ignazio Marino si è venuto a trovare. Nessuno mette in discussione l’intenzione autentica, da...

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Una solitudine che pregiudica la possibilità di una svolta. È quella in cui Ignazio Marino si è venuto a trovare. Nessuno mette in discussione l’intenzione autentica, da parte del sindaco, di cambiare passo e di rilanciare la sua azione di governo. Ma il suo tentativo rischia di risultare tardivo, perché cade in un contesto di scetticismo generale, e le chance della ripartenza si vanno continuamente assottigliando per effetto di una crisi di fiducia diffusa e profonda.


Vengono meno, una dopo l’altra, le sponde che potrebbero aiutare il sindaco nel suo eventuale riscatto. Matteo Renzi continua in maniera lampante a prendere le distanze da Marino. Gli assessori chiave annunciano le dimissioni, è il caso di Guido Improta, o stanno per abbandonare la giunta, ed è il caso di Silvia Scozzese. Il mondo produttivo denuncia la paralisi «che sta affondando Roma». La politica nazionale e quella locale manifestano ogni istante di più la propria non condivisione dei destini di un sindaco chiuso nel fortilizio Campidoglio e sempre più sconnesso dalla città reale.

E c’è lo scontento dei cittadini che vedono la Capitale in preda a problemi che non sono stati risolti e che rendono difficile la vita quotidiana. La caduta di un pezzo di fiducia dopo l’altro: ecco perché, dopo la discesa ardita, la risalita di Marino appare un sogno inafferrabile.



È venuto meno, in queste ore, anche il sostegno di quell’eccellenza economico-culturale, che Marino sventolava come fiore all’occhiello del Campidoglio, rappresentata dal Cda di Palaexpo, che si è dimesso in massa insieme al suo presidente Franco Bernabè.



Così, i sei mesi che ci separano dall’inizio del Giubileo, termine entro il quale il sindaco poteva dare i primi e decisivi segnali di inversione di rotta, sembrano essersi contratti di colpo. In un crescente clima di disincanto e di critica che non autorizza previsioni rosee per la giunta. Marino, fin dagli esordi con lo slogan «Non è politica, è Roma», aveva puntato non sui partiti ma sulla società civile. E proprio questa però sta ora reagendo in maniera fredda ai destini del primo cittadino. Perfino il tentativo di rifugio nel popolo del Pd come nuova fonte battesimale - si veda l’apparizione dell’altra sera alla Festa dell’Unità, tra gli applausi dei militanti - risulta insufficiente da parte di Marino. Non basta per placare e per convincere la stragrande maggioranza dei romani che non si accontentano di slogan da comizio old style e guardano solo ai fatti.


Si è capito, intanto, che la gestione del Giubileo viene affidata non a Marino ma al prefetto Gabrielli. Il quale oltretutto, per la sua attesa e temutissima relazione su Roma, è diventato una incarnazione del Giudizio di Dio. In attesa di quello, ognuno dice la sua preghiera.



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Il Messaggero