Tra quei moduli attrezzati trasformati in baracche, a pochi metri da dove i bambini piccoli dormono o giocano senza le scarpe ai piedi bruciano i rifiuti. Di giorno, di notte. Non...
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L'emergenza è molto di là dall'essere superata nonostante le rassicurazioni piovute a più riprese dal Campidoglio sulla riduzione dei roghi tossici nei campi nomadi della Capitale e nelle loro prossimità.
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La Barbuta, la Monachina, via Salviati e ancora Castel Romano, Casal Lombroso, mentre si attende che il piano di superamento degli insediamenti, promesso dalla giunta Raggi, dia dei risultati dopo l'unica chiusura del camping River, gli incendi continuano a scandire la quotidianità di molte periferie romane. Non è solo il grido di allarme dei residenti che continuano a denunciare soprattutto sui social network episodi su episodi che vanno a infittire un elenco ormai vergognoso. Sono i numeri degli interventi compiuti dai vigili del fuoco a misurare la vastità e l'intensità del fenomeno. Nell'anno appena trascorso ci sono stati più di 600 roghi nei campi nomadi. Anche piccoli incendi che di per sé non hanno rappresentato un pericolo fisico per uomini, donne e bambini, ma che comunque hanno rilasciato nell'atmosfera sostanze nocive, come, ad esempio, la diossina prodotta dalle plastiche.
I DATI
E allora leggiamoli questi numeri. Nel primo semestre del 2018 sono stati compiuti dai pompieri 298 interventi con una media di 49 al mese. E l'estate scorsa è proseguita nello stesso identico modo: nei campi a luglio sono stati svolti 38 interventi a suon di idranti e 49 ad agosto. Da settembre a dicembre, neanche il cambio delle stagioni e l'arrivo dell'inverno, hanno ridotto il numero che è rimasto pressoché costante con una cinquantina di incendi ogni trenta giorni.
Dal report si evince anche un altro dato: l'aumento degli episodi rispetto agli anni precedenti. Nel 2017 i roghi tossici e gli incendi dentro ai campi sono stati 489 (211 nel I semestre dell'anno e 278 nel II) con uno scarto di quasi 200 episodi rispetto al 2018. Ancora: nel 2016 ne sono stati registrati 423, 66 in meno rispetto al 2017. «Per noi è diventata una triste costante», commenta un vigile del fuoco che in più di un occasione si è trovato a intervenire. «I campi sono sempre gli stessi, le condizioni interne le conosciamo, quelle esterne raccontano degrado e non solo. E benché l'allarmismo dei residenti sia in crescita, siamo costretti a intervenire con una frequenza che sembra inarrestabile».
A questa tipologia di incendi andrebbero poi sommati i roghi che ci sono stati nelle grandi discariche abusive, molte delle quali è il caso di via Salviati al Collatino dove la notte del 25 aprile scorso sono andate a fuoco quasi 3 mila tonnellate di rifiuti in un'area sequestrata e non ancora bonificata si trovano a pochi metri dagli insediamenti.
Nel 2017 sono stati compiuti 29 interventi e anche l'anno scorso la media è rimasta inalterata. Gli unici a pagarne le conseguenze, sono i cittadini che vivono a ridosso di campi e discariche illegali. Martedì molti di coloro che risiedono vicino al campo La Barbuta si incontreranno nella parrocchia di San Raimondo Nonnato, in via del Casale Ferranti, alle 19 per l'ennesima assemblea dal titolo neanche troppo emblematico: Fermiamo i roghi tossici.
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Il Messaggero