La spesa pro capite, a Roma, per la gestione del ciclo dei rifiuti è quasi il doppio di quella delle altri grandi città. Ama, la municipalizzata romana del settore,...
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L’analisi sulla spesa pro capite è stata realizzata dalla fondazione Openpolis, che ha messo a confronto i bilanci delle città con più di 200 mila abitanti in Italia. Spiega il report: «Con una spesa per i rifiuti pari a 597 euro pro capite, Roma è al primo posto, seguita ad ampia distanza da Venezia (353,97) e Firenze (266,80). Chiudono la classifica Trieste, Verona e Palermo, ultima con 151,38 euro pro capite». I dati sono riferiti all’ultimo bilancio disponibile, il 2017 (quindi le cose sono indubbiamente peggiorate nel corso dell’ultimo anno e mezzo, vedere per credere).
Roma Capitale mette a bilancio circa 800 milioni di euro per il servizio dei rifiuti, eppure la città è sporca e l’azienda che gestisce il ciclo della raccolta e dello smaltimento è sempre più in affanno, inefficiente, senza impianti di proprietà, senza un piano industriale, senza investimenti previsti. Cosa cambia per il cittadino? Molto. Paga in media quasi 400 euro di Tari, ma quando scende per strada trova le montagne di rifiuti vicino ai cassonetti. È un modo brutale per arrivare a una sintesi, ma la sostanza è questa.
Come si è arrivati a un tale desolante dato di fatto? Gli ultimi tre anni di paralisi di Ama e delle politiche sui rifiuti del Campidoglio non hanno aiutato. Secondo gli esperti, nelle città del nord Italia come Milano e Brescia in media si spende 60-70 euro a tonnellata per lo smaltimento dei rifiuti, perché ci sono gli impianti dove portare il prodotto finale. Chi non ha inceneritori, ma solo discariche, si ritrova con una spesa più alta del 20 per cento, ma comunque immensamente più bassa di quella di Roma. Ama, secondo la relazione della Commissione di Roma Capitale che verifica il rispetto dell’applicazione del contratto di servizio, spende in media 160 euro a tonnellata per lo smaltimento dei rifiuti. Questo succede perché ormai l’azienda dipende totalmente dagli impianti di altri soggetti e altri territori: dopo l’incendio dell’impianto di trattamento di via Salaria, l’Ama ha un unico stabilimento dove lavorare i rifiuti raccolti, a Rocca Cencia. In sintesi: solo il 20 per cento dei rifiuti prodotti viene trattato da Ama, il resto viene portato a EGiovi (nei Tmb di Malagrotta), in altre province e in altre regioni. Dopo la lavorazione, lo scarto finale va in discarica o negli inceneritori. In questo caso Ama è al 100 per cento dipendente da altri soggetti. Non va meglio per il 46 per cento di rifiuti differenziati (in realtà con la crisi in corso siamo al di sotto del 37 per cento): Ama non ha impianti di compostaggio e dunque anche la frazione umida viene portata nel nord Italia (sempre a caro prezzo).
EUROPA
Il conto diventerà più salato ora che l’Ama, per mettere in sicurezza il sistema, si sta apprestando a siglare accordi con termovalorizzatori di tutta Europa. Secondo gli esperti dovrà pagare almeno 200 euro a tonnellate. Al Ministero dell’Ambiente (malgrado le perplessità espresse dalla Lega) stanno coordinando la fase di ricerca di sbocchi all’estero. Oltre alle trattative avanzate con Svezia e Bulgaria, a quelle di cui si è già parlato con Portogallo, Austria e Cipro, si sta ampliando la lista degli interlocutori, verificando la disponibilità in Norvegia, Germania e in Danimarca (a Copenaghen dove l’inceneritore, progettato da un archistar, è visibile anche dal palazzo della Regina e propone una pista da sci sul tetto).
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Il Messaggero