Roma, racket delle occupazioni: «Pretendevano mille euro e usavano donne incinte»

Roma, racket delle occupazioni: «Pretendevano mille euro e usavano donne incinte»
Più che storie di beneficenza, scenari di schiavitù. Con stranieri costretti ad occupare immobili, a pagare balzelli, a lavorare gratis, ad abbassare la testa...

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Più che storie di beneficenza, scenari di schiavitù. Con stranieri costretti ad occupare immobili, a pagare balzelli, a lavorare gratis, ad abbassare la testa davanti alle offese: «Arabi di m.... Io prendo il Corano e lo faccio a pezzi». Il Comitato cittadino per la lotta della casa dipinto come un centro di lucro messo su per appropriarsi di immobili e spremere i disperati. Aisha B. , 65 anni, marocchina, da anni a Roma, ieri, in aula, a piazzale Clodio, nel maxiprocesso contro Pina Vitale, la regina delle occupazioni accusata di essere a capo di associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni, ha parlato e pianto e soprattutto spiegato i retroscena degli assalti agli immobili. «Non avevo un tetto», ha raccontato Aisha. «Mi è stato consigliato di rivolgermi allo sportello del Comitato per la casa, in via delle Acacie (nell'ex scuola Vespucci occupata, ndr). Mi sono segnata in graduatoria. Mi è stato spiegato che per avere uno spazio dovevo dare mille euro a Pina. Li ho dati. Ci parlarono di un progetto pilota di solidarietà approvato al Comune e in attesa del finanziamento dell'Unione Europea».


FINTA SOLIDARIETÀ
Un fantomatico progetto che prevedeva, secondo gli organizzatori, l'assegnazione di un immobile pubblico in disuso da ristrutturare a proprie spese. Lo spazio assegnato era un'aula della scuola Hertz, sulla Tuscolana. «Ho partecipato all'occupazione», dice Aisha. «Mi hanno detto il giorno prima che dovevamo andare. Così pure per una clinica. Quelli del comitato con una grossa forbice hanno tagliato catena e lucchetto e poi ci hanno detto di entrare di corsa. Pure le donne incinte dovevano partecipare alle occupazioni. Una è finita all'ospedale». L'occupazione della clinica è del marzo 2011. La polizia butta tutti fuori in poche ore. «Dopo lo sgombero Pina Vitale ci ha dato appuntamento in via delle Acacie e ci ha detto che il giorno dopo dovevamo occupare la basilica di Santa Maria Maggiore. Lì abbiamo occupato per una notte. Altra riunione e poi due blitz per l'occupazione della Hertz». Passano i giorni e si riparla del fantomatico progetto europeo. «Per l'allaccio in fogna ho pagato 800 euro», dice Aisha, «Altri 1.300 per fare i lavori nella stanza, per il bagno e la cucina. Altri 700 per lo scaldabagno». Gli occupanti dovevano pagare anche una quota mensile. «Siamo partiti da 10 euro per arrivare a 100», chiarisce Aisha, «Chi non paga esce, venivamo avvertiti».

La signora col chador spiega al pm Luca Tescaroli e alla corte che alla Hertz viveva con una nipote e andava avanti coi soldi della pensione di invalidità. «Vitale mi disse che per poter accedere alla Hertz aveva dovuto pagare diecimila euro. E quindi dovevamo contribuire». I soldi poi vi verranno restituiti, era il patto. «Soldi, mai più rivisti. Avevo paura di essere cacciata. Abbassavamo la testa pure davanti agli insulti. Dovevamo presenziare alle riunioni e lì volavano le offese. Ci prendevano anche la roba in frigo. Altre volte venivo costretta a cucinare a spese mie piatti arabi e a fare le pulizie gratis là, al teatro».
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Il Messaggero