Roma, la rivolta dei pittori di Piazza Navona: «Troppi stranieri nel bando»

Roma, la rivolta dei pittori di Piazza Navona: «Troppi stranieri nel bando»
Fuori dall'Emporio della Pace, all'incrocio con via di Tor Millina, il clima non è così pacifico come vorrebbe l'insegna. Animi agitati, minacce di...

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Fuori dall'Emporio della Pace, all'incrocio con via di Tor Millina, il clima non è così pacifico come vorrebbe l'insegna. Animi agitati, minacce di andare in Tribunale, cavalletti addossati al muro e pennelli sguainati. L'adunata dei pittori di piazza Navona è appena iniziata. Tra un tè caldo e un caffè servito al tavolino esterno, monta il malumore. L'innesco è un pezzo di carta che ritrattisti e specialisti della caricatura si passano di mano in mano: è la lista degli «ammessi» al bando del Campidoglio per «selezionare soggetti idonei all'attività delle arti figurative su area pubblica». Tradotto dal burocratese, c'è da assegnare licenze per fare il pittore nella piazza di Bernini e Borromini, crocevia di turisti da tutto il mondo. Il fatto è che il 40% degli «ammessi», appunto, è straniero. I pittori storici scorrono i nomi dei competitor e lievita la stizza: Ahmed, Vladimir, Abdul, Georgiev, Zhang, Salameh... «Cinesi, arabi, slavi... mai visti qui, finirà che si prenderanno la piazza, che abbiamo inventato noi... E i nostri 30 anni di mestiere? Non importano a nessuno?».


In palio ci sono 25 cavalletti, ambitissimi perché di ritratto in ritratto ci si può guadagnare parecchio. Non a caso la piazza secentesca da cinquant'anni ospita i trespoli di artisti e sedicenti tali, talvolta con licenze di fortuna, altre volte senza lo straccio di un'autorizzazione, per non dire di quelli che col permesso da «paesaggista» del Comune smerciano poster sputati fuori in sequenza da una stampante laser.

Ora l'amministrazione capitolina vorrebbe mettere ordine. Per questo, dopo anni di balletti e rinvii, a luglio dello scorso anno è stato sfornato il bando per assegnare 204 postazioni in 65 aree di tutta la città. Ovviamente a nessuno o quasi fa gola il treppiede davanti al mercato di Torre Spaccata o a via Tiburtina «angolo via di Casal Bruciato». I posti più ambiti sono quelli del centro storico: 39 in tutto tra piazza Trilussa, Borgo Pio, largo Brancaccio all'Esquilino, e soprattutto piazza Navona, che da sola offrirà 25, agognati, sgabelli.

L'ELENCO CONTESTATO
La lista pubblicata il 15 febbraio scorso, quella che agita i pittori storici, è il prodotto di una prima scrematura: sulla base di requisiti burocratici, sono stati ammessi in 183 (molti con riserva perché manca qualche documento) e in 73, fanno di conto i rivali, hanno nomi stranieri. Non è finita, perché manca l'ultimo decisivo passaggio: la «prova pratica», insomma di abilità, davanti a una commissione di esperti d'arte. Questa varrà fino a 7 punti su 10. I restanti 3 punti vanno invece divisi tra gli anni di carriera, i diplomi e titoli vari. Proprio questi parametri fanno imbufalire i vecchi artisti della piazza. «Mica è razzismo, è una questione di rispetto.


Fare un bando è giusto, ma chi è stato qui tanti anni andrebbe valorizzato, non superato dal primo che passa», dice per esempio Martino Evangelista, 67 anni, ex insegnante di scuola dell'arte nei licei. «Ma l'avete visto l'elenco? I romani dove stanno? All'estero mica funziona così - gli fa eco il collega Antonio Alfarone, 64 anni, esperto di caricature, dall'intramontabile Berlusconi a Trump - Io ho letto il regolamento della prova di abilità: tutti avranno cinque ore per fare il ritratto. Cinque! Ma tu li devi fare in 20 minuti, al massimo. Inmezza giornata sono bravi tutti». «Noi abbiamo già superato due prove, nel 2002 e nel 2004», si aggiunge alla discussione Alessandro Scrocca, specialità: acquarelli del Colosseo e di Trinità de' Monti. Trapela l'idea di un complotto: «Il Comune ha scritto - dicono i pittori - che valgono tutti i titoli di studio, ma non si capisce di quale scuola, di quale università. Ora c'è la corsa a procurarsi un diploma all'estero, tipo in Albania. Speriamo che almeno l'esame sia severo, che alla gente non basti disegnare una mela per piazzarsi davanti alla fontana del Bernini».

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Il Messaggero