Rom, il piano del Comune di Roma: saranno trasferiti nelle province del Lazio

Rom, il piano del Comune di Roma: saranno trasferiti nelle province del Lazio
Dai campi rom della Capitale in via di smantellamento (per ora teorico) ad «appartamenti e alloggi» in altre province del Lazio: Viterbo, Rieti, Latina, Frosinone. Un...

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Dai campi rom della Capitale in via di smantellamento (per ora teorico) ad «appartamenti e alloggi» in altre province del Lazio: Viterbo, Rieti, Latina, Frosinone. Un trasloco temporaneo, di un paio di anni al massimo, in attesa che gli ospiti raggiungano «l'autodeterminazione», insomma che siano autosufficienti. Il Campidoglio cerca case per i nomadi dei villaggi che, da qui al 2022, dovranno essere smobilitati, così almeno prevede il piano varato dalla giunta nel 2017 e poi via via ritoccato e ricalibrato.

In cima alla lista ci sono 3 insediamenti, da chiudere il prima possibile: la Barbuta, Monachina e Castel Romano. Prima di sbarazzarsi di container e roulotte, il Comune vuole trovare una soluzione alternativa agli abitanti dei villaggi. Negli ultimi tre anni sono state battute diverse strade - dal bonus affitto per chi lasciava volontariamente i campi, ai rimpatri in Romania col sussidio comunale - ma ogni volta è spuntato fuori un intoppo, a volte logistico, a volte burocratico, che di fatto ha rallentato il programma delle chiusure.


La mappa


Ora l'amministrazione tenta di accelerare e per farlo allarga la mappa delle possibili soluzioni. In senso pratico: cercherà alloggi anche fuori dai confini di Roma. A fine 2020 il Campidoglio ha deciso di appaltare un servizio «sperimentale di accoglienza diffusa», che prevede la sistemazione «temporanea in alloggi o appartamenti» dei nomadi che lasceranno i campi. Il bando è spacchettato «in tre lotti territoriali, estesi non soltanto nel territorio di Roma Capitale ma anche in quello della Regione Lazio».

Così si legge in un documento dell'Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti pubblicato il 29 dicembre. Il primo lotto prevede che le strutture dove ospitare i nomadi possano essere sì in alcuni municipi di Roma (il I, II, III, IV e V distretto) ma anche nell'«area regionale Rieti-Tivoli». Lo stesso vale per il secondo lotto, che estende la ricerca di alloggi ai municipi VI, VII, VIII, IX e X e anche alla zona di Latina e Frosinone. L'ultimo lotto invece interessa l'area di Civitavecchia e Viterbo, oltre alle circoscrizioni XI, XII, XIII XIV e XV.


Tempi e costi


L'obiettivo, si legge nelle carte del Comune, è «sviluppare al meglio i processi di inclusione e ovviare alle possibili ricadute negative sulla comunità in cui è ubicata la struttura», oltre che, c'è scritto, «prevenire la reiterazione di stili di vita caratterizzanti la convivenza nei campi». Per questo primo esperimento, che riguarderebbe 60 nomadi per altrettanti posti letto, l'amministrazione stima di spendere 2 milioni di euro: 595.242 euro per ciascuno dei tre lotti, per due anni. Il costo pro capite è di 40,77 euro al giorno, ha calcolato il Comune. Gli ospiti verrebbero sistemati in «alloggi o appartamenti a destinazione d'uso ordinario, previa approvazione da parte del condominio». Lì chi lascia le baraccopoli potrebbe contare sulla «fornitura di beni alimentari per la preparazione dei pasti», chi gestisce le strutture garantirebbe pure «una dieta settimanale opportunamente predisposta».


L'Ufficio Rom spera di avere offerte già nelle prossime settimane, in modo da poter avviare i trasferimenti ad aprile. Secondo Barbara Luciani, la direttrice dell'ufficio, questo tipo di accoglienza «diffusa» e «temporanea» sarebbe «l'unico modo per sostenere processi di inclusione sociale attiva realistici, limitando le possibilità di recidiva o fallimento». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero