La Roma di una volta nei racconti del Pecetto. Con poca nostalgia

La Roma di una volta nei racconti del Pecetto. Con poca nostalgia
Silvio Parrello detto il Pecetto ha quasi 80 anni ma non li dimostra. Trascorre le giornate in una bottega tra via Ozanam e via di Donna Olimpia dipingendo quadri e scrivendo...

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Silvio Parrello detto il Pecetto ha quasi 80 anni ma non li dimostra. Trascorre le giornate in una bottega tra via Ozanam e via di Donna Olimpia dipingendo quadri e scrivendo poesie. I giornali di tutto il mondo lo hanno intervistato come testimone dei ragazzi di vita pasoliniani: da bambino ha conosciuto i giovani che ispirarono il grande scrittore per il suo romanzo d’esordio.

Ha mille storie da raccontare. In quello stanzino all’ombra delle case popolari che un tempo la gente di Monteverde chiamava “i grattacieli”, il Pecetto espone le sue opere («la regina Paola del Belgio ha 32 quadri miei, con lei ho avuto per anni un rapporto epistolare, le scrivevo come se fosse la mi’ regazza, “ciao Paola come stai”»), declama le sue poesie («ne ho scritte più di mille»), quelle di Pasolini e persino le pagine in prosa di “Ragazzi di vita”, dando prova di notevole memoria.

Pecetto divide la storia del suo quartiere, e di Roma, in due parti: prima e dopo il 1960. Furono le Olimpiadi del ‘60 a portare la modernità. Prima c’erano la fame, le baracche, il fango. I bagni nel Tevere: «Ogni tanto qualcuno si affogava». Le risse e la malavita: «I tassì a Donna Olimpia non entravano, lasciavano i clienti al Ponte Bianco». Gli sfollati che dormivano nella scuola Franceschi, «ma anche la scuola crollò le famiglie occuparono il palazzo di fronte». Una Roma che, sinceramente, non suscita alcuna nostalgia.

pietro.piovani@ilmessaggero.it

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Il Messaggero