Segnali da cogliere/Ora la spinta dell’ottimismo smuova Roma

Segnali da cogliere/Ora la spinta dell’ottimismo smuova Roma
Ieri Roma ha vissuto una giornata particolare. Due eventi, per coincidenza fortuita l’uno a pochi passi dall’altro, hanno suscitato in quanti transitavano nel...

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Ieri Roma ha vissuto una giornata particolare. Due eventi, per coincidenza fortuita l’uno a pochi passi dall’altro, hanno suscitato in quanti transitavano nel triangolo che comprende Via del Tritone, Piazza di Spagna e Via Condotti, la sensazione che la città c’è, è viva e ha voglia di correre. Il primo è l’apertura dei battenti del nuovo megastore della Rinascente, un complesso di quasi 15 mila metri di eccellente design per un investimento di 200 milioni.


Un complesso che, nonostante oltre 11 anni di peripezie e slalom tra Soprintendenza e assessorati vari, ora darà lavoro a non meno di 650 addetti portando alla città nuova ricchezza: un modo degno per festeggiare i cent’anni dalla fondazione. Il secondo evento è il debutto nella Capitale de «La Vendemmia», una manifestazione che si snoderà per un’intera settimana nel quartiere del luxury per promuovere le eccellenze del made in Italy, dalla moda ai gioielli, dal design alla ristorazione stellata fino ai migliori vini, in quell’atmosfera di lifestyle italiano che oggi ci viene invidiata ovunque.

Insomma, due momenti che mentre da una parte sono il segno che a Roma gli animal spirit sono ancora vitali e capaci di “bucare” la crosta del declino, dall’altra rendono ancor meno tollerabile l’inerzia degli amministratori pubblici nel restituire alla città l’immagine di grande capitale che pure merita. E d’altro canto è impensabile che i suoi problemi possano venire risolti da qualche pur lodevole iniziativa privata. Nel presentare “La Vendemmia”, ieri è stato osservato che tra le molte carenze di cui soffre Roma spicca il numero modesto di eventi per consumatori alto spendenti, e che l’aver inopinatamente cancellato l’annuale sfilata sulla scalinata di Trinità dei Monti, momento topico per il fashion made in Italy, è stato un grave errore.

Giusta osservazione, talmente condivisibile che il ministero dello Sviluppo vi dedica più di una pagina nell’impietosa fotografia sul declino di Roma prodotta due settimane fa. Il livello e la quantità degli eventi sono infatti una sorta di biglietto da visita che spesso porta con sé effetti permanenti nell’immaginario del turista, soprattutto quando integrano tesori culturali come solo Roma è in grado di offrire. E l’apprendere che Parigi, nonostante i problemi creati dai gravi episodi di terrorismo, nel 2016 è stata in grado di organizzare ben 196 eventi nel settore del turismo congressuale a fronte dei 96 svoltisi a Roma (al ventesimo posto in Europa), la dice lunga sul gran lavoro di recupero che si prospetta e sulle straordinarie opportunità che si potrebbero cogliere con un’amministrazione cittadina efficiente.

Si resta peraltro meravigliati dal vistoso distacco che separa la produzione economica della Capitale da quella della regione, che sembra aver capovolto la regola che vede la prima promuovere un benessere diffuso sul quale poi s’innesta la crescita industriale del territorio. Assistiamo invece a un apparato di eccellenze produttive - come il distretto farmaceutico o quello delle ceramiche di Civita Castellana o quello della meccanica di Cassino - che nel 2016 ha visto l’export del made in Lazio crescere del 15% (il doppio della media nazionale) a fronte dell’ennesima variazione negativa sul fronte dei servizi e dell’industria registrata dalla provincia di Roma. Insomma, abbiamo una Capitale che invece di fungere da traino continua a chiudersi su se stessa segnalandosi più per la velocità del declino che per i tentativi di risollevare la testa.

Ma accanto all’amara constatazione dell’inerzia che da troppo tempo imprigiona la città e le sue energie migliori, va registrata anche l’aspettativa dei romani - e i due piccoli segnali di ieri ne sono la prova - per una scossa che scateni i serbatoi dell’ottimismo cui pochi fino ad oggi hanno dimostrato di voler attingere.

Ecco perché non bisogna sottovalutare l’importanza del tavolo che il ministro Carlo Calenda ha fortemente voluto chiedendo la condivisione di imprese, sindacati, amministrazione regionale e soprattutto cittadina. Quella del rilancio di Roma è però una sfida che va affrontata con spirito di squadra, tutti sinceramente disponibili a perseguire il bene autentico della Capitale, in una proposta che deve diventare progetto. Guai a cavalcare triti giochi a rimpiattino di sapore elettorale, perché «alla lunga - ha osservato Calenda - potremmo davvero veder passare il cadavere di Roma». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero