Roma, al Gemelli gli "angeli" dalla parte del cuore raccontati da Antonio Giuseppe Rebuzzi

Parterre di illustri medici e ospiti al Policlinico per la presentazione del nuovo libro del famoso cardiologo

nella foto, Evita Comes con Antonio Giuseppe Rebuzzi
Nel giorno in cui si è celebrato l’amore, i sentimenti tornano protagonisti al Policlinico Gemelli dove è stato presentato “Dalla parte del cuore”,...

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Nel giorno in cui si è celebrato l’amore, i sentimenti tornano protagonisti al Policlinico Gemelli dove è stato presentato “Dalla parte del cuore”, ultima fatica letteraria di Antonio Giuseppe Rebuzzi docente di Cardiologia all’Università Cattolica di Roma e direttore della Terapia intensiva cardiologica del Policlinico Gemelli ed Evita Comes. A raccontare le acrobazie tra terapie intensive e sale operatorie del celebre medico è un angelo chiamato, suo malgrado, a vegliare sul cardiologo che, ogni giorno, si trova a maneggiare il cuore altrui. 

Un appuntamento letterario al quale hanno partecipato la giornalista Vira Carbone, il direttore Generale del Gemelli, Marco Elefanti, il Preside di Medicina dell'Università Cattolica, Antonio Gasbarrini, il direttore del governo clinico, Rocco Bellantone e lo specialista in Medicina Preventiva, Giorgio Meneschincheri. In prima fila ad applaudire, tra gli alti, il neurochirurgo di fama mondiale Giulio Maira e l’oncologo Francesco Cognetti. Rebuzzi non è solo un grande luminare. La dote che gli riconoscono pazienti, amici e colleghi è l’umanità, quella che non si impara all’università ma che fa la differenza.

Per il cardiologo che ha curato pontefici, presidenti della Repubblica, politici e celebrità, ogni paziente è importante e ogni storia è unica. Non a caso “Dalla parte del cuore” racconta indimenticabili vicende di pazienti normali. «Quelli in terapia intensiva cardiologica sono stati 40 anni faticosi, ma densi di soddisfazione per quello che si è fatto e con qualche rimpianto per quanto non sono riuscito a fare - ha detto Rebuzzi- Questo libro è una summa della mia vita, sempre al fianco dei pazienti. Lo dedico a tutti loro, a chi ce l’ha fatta, a chi non c’è più ma anche ai giovani medici poco dediti all’ascolto delle persone che hanno in cura».

Umiltà, ascolto e umanità ha raccomandato il cardiologo a chi si appresta ad esercitare una professione nella quale si vive in una sorta di limbo tra la vita e la morte. «Oltre alla tecnica ci ho messo sempre il cuore. E soprattutto, quando è andata bene, mi sono sentito protetto dall’alto. Penso che questo sia un mestiere che meglio degli altri incarna l’animo del vero cristiano: se non ami il prossimo, lo curi male. L’empatia, oltre alla competenza, è un aspetto fondamentale. Tutto sommato, a un banchiere non è richiesta. Per fare il medico bene serve stare dalla parte del paziente».

 

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Il Messaggero